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Francia, 1998
VIII. Zidane vola, Ronaldo collassa, e la Francia è campione

Due giorni dopo il Ferragosto del 1994, la nazionale francese che pochi mesi prima è uscita con le ossa rotte dalla mancata qualificazione mondiale, affronta in amichevole la Repubblica Ceca a Bordeaux. È una Francia rinnovata e di belle speranze, ma nient’altro che l’abbozzo di un cantiere, e infatti all’intervallo è sotto di due reti. Poi verso la fine dell’incontro un giovane trequartista entrato nella ripresa infila una doppietta che regala un insperato pareggio ai bleus. Il suo nome è Zidane e da quel giorno per i dodici anni successivi sarà il regista della selezione francese, nonché un suo pilastro, nonché uno dei migliori calciatori della storia. Visione di gioco, controllo della sfera ed enormi doti tecniche: sono i tratti distintivi di Zidane nel giocare a calcio, accompagnate da una capacità realizzativa non eccelsa che lo accomuna al suo grande idolo Enzo Francescoli. È una carriera dai tempi lenti quella di Zidane, un po’ come appare in campo; viene fuori alla distanza, per accumulazione, lungo un percorso unico e stupefacente.

Zinedine Zidane nasce nel 1972 a Le Castellane, un sobborgo operaio di Marsiglia dove trascorre la gioventù con la sua famiglia di origine algerina, berbera per la precisione. Il suo soprannome è Yazid, ma sarà sempre identificato con il nomignolo di Zizou. Impara il calcio lungo le strade del suo quartiere, come tanti ragazzi sparsi ovunque nel mondo; ha talento, lo ingaggia il Cannes che lo fa esordire, molto giovane, in Ligue 1. Poi passa al Bordeaux. Qui sfiora la Coppa UEFA, persa in finale contro il Bayern Monaco: Zidane salta la partita di andata per squalifica, ma il doppio incontro è dominato dal club tedesco.

La grande occasione si presenta per Zidane nella stagione 1996/97 quando viene ingaggiato dai campioni d’Europa in carica della Juventus. È il salto di qualità di Zizou, con la conquista del titolo italiano per due anni di fila e alcune prestazioni sontuose – su tutte, la semifinale di ritorno contro l’Ajax nella Champions del ’97. Esce però sconfitto in due finali di Coppa dei Campioni, e in entrambe le partite non riesce a incidere sull’esito dell’incontro. L’impatto con l’Italia disorienta non poco il semplice e riservato Zidane. Nello spogliatoio i compagni di squadra tagliuzzano i suoi calzini – bianchi e corti – ritenendoli poco eleganti per un professionista della Seria A1)Franck Annese, “Moi je n’ai rien demandé! Je voulais etre chauffeur livreur”, intervista a Zidane, So Foot n. 108; Zinedine esce poco di casa, preferendo alla tipica vita del giovane calciatore i piaceri della famiglia e la compagnia della moglie, ma talvolta il suo compagno di club Davids lo trascina per la città a giocare incredibili partite a calcio in incognito assieme ai giovani dei quartieri popolari di Torino. Crea però solide amicizie perché dietro la scorza di timidezza è una persona piacevole.

Ha detto di lui proprio Edgar Davids: “È un giocatore speciale. Crea spazi dove non esistono. La sua immaginazione e la sua tecnica sono fantastiche2)Karan Tejwani, Zinedine Zidane: the Juventus diaries, These Football Times. Inevitabilmente è molto atteso ai Mondiali e la sua espulsione nel corso della seconda partita ha provocato un ampio clamore. Giunge in finale senza reti all’attivo – come detto, non segna mai tanti gol. Però ha già deluso le aspettative riposte in lui durante gli Europei di due anni prima. Qual è il vero Zidane?

Ronaldo Luis Nazario de Lima nasce nel settembre 1976 e i genitori decidono di dargli il nome del ginecologo, Ronaldo, poiché evidentemente erano rimasti soddisfatti del lavoro svolto. Vive a Bento Riberio, un quartiere di Rio de Janeiro; qui da ragazzino viene scartato dalla sua squadra del cuore, il Flamengo, poiché non si presenta a una partita: il giovane Ronaldo non aveva i soldi per comprare il biglietto del bus3)Andrew Flint, Ronaldo: in touching distance of being the greatest, These Football Times. Lo nota il grande Jairzinho, che lo segnala al Cruzeiro, squadra nella quale Ronaldo esplode. Debutta in nazionale a inizio ’94, vince un Mondiale senza scendere in campo e prende il volo per l’Europa. Fino al 1996 veste al maglia del PSV Eindhoven, poi viene acquistato dal Barcellona dove disputa una stagione pazzesca: 47 gol in 49 partite, vittoria in Coppa delle Coppe; ricorda Luis Enrique: “Era forte, era una bestia. E anche un ragazzino. Il tipico brasiliano che nello spogliatoio ballava la samba4)Daniele Manusia, Il posto di Ronaldo nella storia, l’Ultimo Uomo. Nella stagione pre-mondiale passa all’Inter sulla base del trasferimento all’epoca più caro di sempre. Impressiona anche nel campionato italiano. Con i nerazzurri di Milano conquista la Coppa UEFA dopo aver sconfitto per tre a zero la Lazio di Eriksson nella prima finale di questa coppa giocata in gara unica.

Quando arriva al Mondiale francese ha soltanto ventun’anni ma le sue doti veramente fenomenali sembrano già pienamente sviluppate: velocità, dribbling e soprattutto una potenza esplosiva. Ronaldo scatena una forza mai vista nella capacità di gestire la sfera, saltare l’uomo e trovare la via per la porta, tutto in uno. È in grado di costruire un gol da solo con i suoi scatti devastanti; lo si vede sovente arretrare sino a metà campo, sia per recuperare palloni, sia per sfruttare la sua imperiosa progressione – e ciò accade anche al Mondiale. È lecito chiedersi quali vette possa raggiungere Ronaldo in un futuro che si preannuncia come radioso. “Per la mia generazione è stato quello che Pelè e Maradona erano per le precedenti. Era immarcabile: al primo controllo ti superava, al secondo ti bruciava, al terzo, ti umiliava5)Luca Savarese, Il capolavoro di Ronaldo, Calcio 2000 n. 231 – sono le parole di Fabio Cannavaro.

In quel momento Zidane e Ronaldo sono i più forti calciatori del mondo. Ma seppur più giovane di quattro anni e tre mesi, Ronaldo pare aver raggiunto, se non oltrepassato Zidane. È stato un Mondiale sinora differente per i due. Nel complesso un po’ al di sotto delle attese per Zidane, il quale pare però in forma quando rientra dalla squalifica, in crescita e progressivamente sempre più protagonista. Ronaldo è stato prodigioso: quattro gol, tre assist, sarà eletto miglior giocatore della competizione a fine torneo.

Si sono già sfidati nell’ultimo campionato italiano con le maglie di Inter e Juventus – anche se il principale simbolo dei bianconeri è Del Piero -, in un’appassionante, dura e polemica sfida per la conquista dello scudetto conclusa a favore del francese. Poi Ronaldo ha vinto la sua coppa europea, Zidane no, è la terza finale di fila che perde: taluni cominciano ad additarlo come gatto nero, ma più che altro emergono legittimi dubbi sul suo carisma nei momenti decisivi. Giocheranno poi anche assieme Zidane e Ronaldo, con la maglia del Real Madrid, e incroceranno le armi anche nel corso della Coppa 2006. Ma questa è un’altra storia. Ciò che conta ora è trovarli uno di fronte all’altro nella finale di Coppa del Mondo, edizione ’98: gli alfieri, i simboli delle rispettive nazionali, il vertice del calcio internazionale. Zidane è pronto a prendersi il mondo; per Ronaldo la finale mondiale del 1998 di fatto non è mai iniziata.

Primo pomeriggio di domenica 12 luglio 1998, il giorno della finale. I giocatori brasiliani hanno appena pranzato e si riposano nelle stanze del loro hotel, a Lesigny, nei pressi della capitale. Ad un certo punto Roberto Carlos, che condivide la camera con il Fenomeno, esce in corridoio stravolto e urlando: “Ronaldo sta morendo!”. Chi accorre assiste alla scena di Ronaldo in preda a violente convulsioni, con la schiuma alla bocca e la lingua rovesciata, tanto che Cesar Sampaio deve infilargli una mano in bocca per estrarre la lingua affinché non soffochi. La crisi dura alcuni minuti; poi Ronaldo – incosciente – si addormenta come un bambino, ma sempre tenuto d’occhio. Su insistenza di Leonardo, al suo risveglio è trasferito in un ospedale di Parigi per gli accertamenti del caso: viene dimesso e giunge allo Stade de France alle otto e dieci, cinquanta minuti prima del fischio di inizio. Nel frattempo – erano le otto meno un quarto – il Brasile ha consegnato una lista ufficiale dei titolari priva di Ronaldo. Il clamore monta fra i giornalisti. Dopo mezzora, e previo intervento diretto del presidente della federazione brasiliana Texeira, viene accettata una nuova lista nella quale il Fenomeno è di nuovo nell’undici di partenza – il che alimenta la prevedibile ira del suo sostituto-lampo, Edmundo, detto o Animal. Quei fogli adesso sono esposti al FIFA World Football Museum di Zurigo.

Che cosa è successo a Ronaldo? È uno dei più grandi misteri della storia dei Mondiali: il fatto non è mai stato chiarito sino in fondo, alimentando così inevitabilmente una copiosa aneddotica. Si è parlato di attacco epilettico, mentre i dottori hanno derubricato il caso a esaurimento nervoso. Ronaldo inoltre soffriva da qualche giorno di un fastidio alla caviglia sinistra a causa del quale aveva centellinato gli allenamenti, subito infiltrazioni e assunto medicinali che potrebbero aver scatenato una reazione. “Ho avuto le convulsioni dopo pranzo, nel pomeriggio, e sono rimasto incosciente per tre o quattro minuti. Non so perché, nessuno lo sa. È stata la pressione, hanno ceduto i nervi? Può darsi. Quando sei lì e respiri la competizione, ogni cosa è legata alla competizione. Non riesci a staccare, è una pressione enorme” (Ronaldo dixit)6)O Fenomeno in full flow, FIFA.com. Ricorda Roberto Carlos di aver sorpreso il suo compagno di stanza in lacrime durante le notti precedenti7)Jacob Steinberg, World Cup stunning moments: Ronaldo falters as France win, The Guardian. Forse Ronaldo ha raggiunto il proprio punto di rottura quando ormai mancavano poche ore alla finale mondiale: la testa si illudeva di poter reggere, il fisico è schiantato.

La domanda ulteriore sorge spontanea: ci si chiede inevitabilmente perché la sera stessa Ronaldo sia stato mandato in campo in quelle condizioni. Una voce ricorrente accosta la scelta a un’ipotetica – e in fin dei conti mai provata – imposizione del potente e pagante sponsor, la Nike. L’invasiva influenza dei venditori di scarpe americani sulla selecao era palese, e sul tema Edmundo avrà parole precise: “La gente della Nike era lì 24 ore su 24, come fossero stati membri dello staff tecnico. Avevano un potere enorme8)Andrew Flint, cit.. Dell’eccessivo peso assunto dalla Nike sulle vicende della nazionale verdeoro avrebbe discusso anche il Congresso brasiliano, di lì a qualche mese, ma senza approdare ad alcunché. Lidio Toledo, il dottore della selezione, autorizza quel giorno l’utilizzo in campo del Fenomeno e lo giustifica a posteriori con questa frase: “Immaginate se gli avessi impedito di giocare e il Brasile avesse perso. Sarei dovuto andare a vivere al Polo Nord9)Alex Bellos, The mistery of Paris that refuses to go away, The Guardian. Si comprende tutta la tensione del momento, ma non è l’atteggiamento professionale che ci si attende da un medico. Ronaldo assumerà su di sé la responsabilità della scelta dicendo che si sentiva bene10)Ronaldo shock a Francia ’98, Storie di Calcio – vedendolo in campo, sorgerà più di un dubbio al riguardo – e Zagallo lo prenderà alla lettera, forse fin troppo. In ogni caso i brasiliani, provati da quelle ore convulse, scendono sul terreno di gioco con una zavorra non indifferente sulle proprie spalle.

La vicenda Ronaldo è già un pezzo di finale. Nella formazione francese, assente Blanc per squalifica, gioca Leboeuf e Deschamps è il capitano. Ecco gli undici titolari che rappresenteranno la Francia: Barthez; Thuram, Leboeuf, Desailly, Lizarazu; Karembeu, Deschamps, Petit; Zidane, Djorkaeff; Guivarch. Il Brasile schiera la formazione-tipo: Taffarel; Cafu, Aldair, Junior Baiano, Roberto Carlos; Rivaldo, Cesar Sampaio, Dunga, Leonardo; Bebeto, Ronaldo. Il capitano Dunga potrebbe alzare al cielo la Coppa del Mondo per la seconda volta di fila. Arbitra Said Belqola, marocchino, ed è il primo africano della storia a dirigere l’ultimo atto di un campionato mondiale.

I calciatori francesi cantano con trasporto l’inno nazionale assieme a tutto lo stadio. Poi Barthez e Lizarazu si abbracciano visibilmente emozionati, Blanc in tuta dà il tradizionale bacio portafortuna sulla pelata del portiere francese e si abbracciano anche Djorkaeff e Ronaldo. Strisce di sole al tramonto colorano gli spalti. Sono le ore ventuno allo Stade de France di Parigi (St .Denis) – Francia e Brasile stanno per giocarsi il titolo di campione del Mondo.

Immagini della finale: Zinedine Zidane – fifa.com

La prima azione d’attacco è francese, con Guivarch che, spalle alla porta, tenta la conclusione in rovesciata e spedisce alto, non di molto però. Zidane appare sin da subito in gran serata: al quarto scatta palla al piede da centrocampo, triangola e poi serve Guivarch lanciato a rete, il quale sbaglia il controllo e favorisce il recupero difesa brasiliana; al settimo, su calcio di punizione, Zizou pesca Djorkaeff in ottima posizione, ma il suo colpo di testa finisce fuori (e in aggiunta la toglie a Guivarch, messo ancora meglio). La Francia è in palla e mantiene ritmi veloci, Zidane e Djorkaeff sono i terminali per la giocata decisiva, ma nel complesso tutti gli uomini in blu dimostrano concentrazione e forza; non affondano eccessivamente il pressing i francesi, sfruttando invece il gran lavoro dei tre davanti capaci di rendere poco fluida la circolazione di palla brasiliana, in avvio dell’azione. La manovra brasiliana è quindi abbastanza lenta e non crea pericoli. Al ventitreesimo si intravvede Ronaldo con un tiro-cross dalla destra parato da Barthez.

Minuto ventisette: Roberto Carlos, sin lì decisamente fuori partita, controlla male la sfera e regala un corner agli avversari. L’esterno brasiliano si innervosisce e prende a calci la bandierina, forse presago di quanto sta per accadere, più che altro consapevole che qualcosa non sta funzionando a dovere tra le fila della sua nazionale. Petit dalla bandierina, scatto di Zidane che anticipa Leonardo e colpisce di testa, rete. Uno a zero per la Francia, accompagnato dal rabbioso festeggiamento del dieci francese, molto carico e in cerca di rivincite. L’ultimo gol con palla in movimento durante una finale mondiale si era visto nel 1986, marcato da Burruchaga per la vittoria argentina: tra le due reti c’è stato soltanto il rigore di Brehme della finale di Roma nel ’90.

Passano pochi istanti e Barthez esce a valanga su Ronaldo, lanciato dalle retrovie; il Fenomeno è soccorso, resta un po’ a terra, poi si rialza. La reazione del Brasile è assente. Si annotano quindi un tiro – debole – a rete di Djorkaeff al culmine di una bella azione personale, un colpo di testa di Bebeto facile preda del portiere francese e le ammonizioni di Junior Baiano e Deschamps. Al quarantaduesimo un tiro senza pretese di Karembeu sbatte su Junior Baiano, in tale frangente un po’ addormentato, per cui si avventa sulla palla Petit che in piena area di rigore ha il tempo di controllare e calciare al volo, sfiorando il palo alla destra di Taffarel.

Sta per scoccare il quarantacinquesimo quando Thuram tenta un assist verso l’area avversaria, sul quale Junior Baiano – non è serata per lui – liscia di testa, consentendo a Guivarch di trovarsi sui piedi la palla del due a zero, solo com’è davanti a Taffarel: è bravo l’estremo brasiliano a deviare in corner, ma i suoi meriti sono da bilanciare con le colpe dell’attaccante. Petit batte l’angolo, palla a fondo campo, nuovo angolo per i bleus – e siamo ormai nel tempo di recupero. Stavolta dalla bandierina va Djorkaeff. Calcia, Zidane è nuovamente in volo, il suo stacco è imperioso, ancora di testa, ancora rete! Fantastico raddoppio della Francia, nel tripudio di uno stadio che quasi non crede a quanto sta assistendo, ovvero il dominio della propria nazionale sui favoriti brasiliani, intimiditi, schiacciati e messi all’angolo. Adesso Zidane bacia ripetutamente la maglietta blu e sorride, sta scacciando tutti i suoi demoni uno per uno.

Si va al riposo con la Francia padrona del campo e avanti di due gol: Zidane è stato il gran mattatore, mentre il reparto arretrato è insuperabile come sempre. Nel Brasile l’attacco è assente, la fase difensiva traballa paurosamente e solo Cafu e Dunga paiono crederci almeno un poco. Difficilmente poteva andare peggio. Il doppio svantaggio incassato appena prima del fischio di metà gara, oltre tutto meritato, è un macigno sulle velleità della selecao. Zagallo prova a inventarsi qualcosa e quindi toglie un Leonardo insufficiente per inserire Denilson: sarà scolastico e poco utile alla causa, salvo accendersi soltanto a partita quasi finita.

Il secondo tempo si apre con un’evitabile ammonizione ricevuta da Desailly, per proteste, e con un possesso palla brasiliano incapace di tradursi in tiri verso lo specchio francese. I bleus ora attendono gli avversari. Al settimo il Brasile reclama un rigore senza troppa convinzione, all’undicesimo l’occasione giusta capita all’uomo sbagliato: Ronaldo calcia a pochi metri dalla porta e, seppur defilato e con Petit posto sulla linea, regala di fatto la palla a un Barthez sempre attento. Poi un’uscita a vuoto di Barthez – stavolta meno attento – lascia la palla disposizione di Bebeto, tiro e ribattuta da parte di Desailly, che sta disputando una partita di disumana precisione. È il diciannovesimo quando Guivarch, disgraziato, è di nuovo tutto solo davanti a Taffarel per un concorso di colpa del portiere e di Cafu – e Guivarch spreca malamente. Ora fra i sudamericani Roberto Carlos è il più attivo, Cafu è in calo.

Ma l’episodio di gioco che potrebbe determinare una svolta nel corso di questa finale è l’espulsione di Desailly: il centrale francese riesce a ricevere un secondo giallo appena venti minuti dal primo e altrettanto inutile, commettendo fallo in contropiede (francese) su Cafu in netto anticipo. La trance agonistica gioca brutti scherzi. Ridotta in dieci, la Francia diventa un 4-4-1 con Petit al centro della difesa; a centrocampo già da dieci minuti Boghossian ha preso il posto di Karembeu, mentre l’unica punta è Dugarry, subentrato a Guivarch. Poi Jacquet aggiunge forza (senza togliere tecnica) in mediana inserendo Vieira per Djorkaeff.

Scocca poi il momento di Edmundo, mandato in campo a un quarto d’ora dal termine in sostituzione di Cesar Sampaio. Dopo cinque minuti di gioco, Edmundo inizia a sbraitare contro un compagno, forse Junior Baiano, che ha spedito fuori il pallone per consentire i soccorsi a Zidane a terra (che in effetti non si è fatto niente). In un gioco che diventa molto spezzettato, la pressione brasiliana è inconcludente nonostante i quattro attaccanti in campo. Anzi al minuto ottantatré, grazie a una magnifica apertura di Zidane, un Taffarel in piena confusione mentale – avanza, poi arretra, senza ragione – si trova per l’ennesima volta di fronte un francese solo e palla al piede: stavolta si tratta di Dugarry che, evidentemente memore di chi ha sostituito, tira una scarpata indecente con la palla che rotola fuori.

A quattro dalla fine i francesi in panchina già si abbracciano, ma c’è ancora tempo per emozioni nei tre minuti di recupero. Denilson, liberato in area francese, scaglia il pallone verso la porta e colpisce la traversa: seppur con il cronometro agli sgoccioli, se il tiro di Denilson fosse entrato in rete il Brasile avrebbe potuto realmente tentare di acciuffare il pari? Tutto è possibile in questo gioco meraviglioso, ma anche nel calcio l’utilità dei se è all’incirca nulla. Angolo per i brasiliani, palla recuperata dai francesi che partono in contropiede: Dugarry, Vieira, poi Petit che entra in area e fissa il definitivo tre a zero, nel giubilo del presidente Chirac e di tutto il pubblico.

Piangono diversi francesi (Barthez, Zidane, Dugarry) per la gioia incontenibile. Ronaldo, pressoché inconsistente durante l’incontro ma lasciato in campo per tutti i novanta minuti senza alcuna apparente giustificazione, è uno spettro che si aggira per il campo: scarpe appese al collo e sguardo perso nel vuoto. Durante la premiazione della selezione sconfitta, si può sentire Matarrese che si volge a Ronaldo, in italiano, con queste parole: “Vincerai la prossima a volta”. Deschamps solleva in aria la Coppa del Mondo FIFA. Per la prima volta nella storia del calcio la Francia è campione del Mondo, Zidane è il suo profeta – finalmente, le jour de la glorie est arrive!

Immagini della finale: francesi in festa – fifa.com

Un tempo di gioco dominato e l’altro equilibrato – volendo individuare un paragone storico, ricorda la finale del 1982 con un ordine cronologico invertito – compongono un insieme nel quale, però, il risultato finale non è mai stato davvero in bilico. Il due a zero raggiunto già nei primi quarantacinque minuti ha reso meno incerta la vittoria di una parte sull’altra: è stata una finale divertente, senza dubbio migliore delle due precedenti, ma il suo svolgimento ha sottratto alla sfida un certo pathos. Ampiamente meritata, l’affermazione della Francia ha ottenuto il suggello di tre gol di scarto che non si contavano dalla finale di Messico ’70.

La nazionale francese ha sfruttato così a dovere il fattore campo del torneo casalingo, come realizzato già nel corso degli Europei 1984. È un esito tutt’altro che scontato ai Mondiali: verificatosi sei volte su ventuno edizioni (dati aggiornati mentre scrivo), nel ’98 non si ripresentava da vent’anni e soprattutto, ad oggi, il successo della squadra di casa non si è mai più ripetuto. Ragionando a posteriori, è diventato ormai difficile ritenere il fattore campo in sé come un vantaggio, durante la fase finale della Coppa.

Francia ’98 è Francia e Brasile, senza dubbio le selezioni migliori del torneo e non solo perché hanno raggiunto la finale. Però il divario tra le due finaliste e il resto del mondo è meno marcato di quattro anni prima: intanto la formazione olandese non sfigurerebbe, nel caso in cui volessimo allargare a un terzetto l’elenco delle squadre degne di una menzione d’onore; il campionato inoltre ha vissuto fasi di notevole incertezza, come dimostra l’andamento delle partite di semifinale, il quarto tra Francia e Italia, il ripetersi di sfide molto combattute come Argentina – Inghilterra e Olanda – Argentina. Dal punto di vista tattico, torna a essere abbastanza diffuso lo schema 3-5-2 con il libero in copertura, una scelta semplice e conservativa motivata anche dallo scarso tempo a disposizione dei tecnici per la preparazione del torneo. È un dato la cui rilevanza non deve essere sovrastimata, poiché fra le prime quattro il 3-5-2 è stato adottato solo dalla Croazia, mentre le restanti semifinaliste sono scese in campo con una difesa a quattro schierata a zona. Singolare, poi, è il fatto che la Francia abbia vinto il Mondiale senza un vero attaccante titolare capace di metterla dentro con una certa regolarità – ma intanto, nonostante le ironie anche del sottoscritto, Guivarch il suo compito l’ha svolto e la coppa lui l’ha vinta, altri no.

Più di tutto, è bene ricordare il torneo del ’98 come il Mondiale più bello dall’edizione 1982 a questa parte: la media gol è salita a 2,7 realizzazioni a partita (con il record assoluto di reti, 171); alcune sfide sono entrate diritte nella storia del calcio; si è visto bel gioco per larghi tratti; e in definitiva ha regalato agli appassionati una consistente dose di emozioni. Resterà il miglior campionato per vent’anni, sino al torneo 2018 (guarda caso, conclusosi con lo stesso esito).

Ventiquattr’ore dopo la finale di Saint-Denis, la nazionale francese sfila nel corso di una grande e scontata celebrazione sull’avenue des Champs-Elysees e attorno all’Arc de Triomphe. La folla enorme di francesi di ogni etnia, giunti soprattutto dalle grigie periferie della capitale, accompagna il bus dei neo-campioni del Mondo e rende vivo, plastico il trionfo dei bleus. La vittoria ha trasformato anche il rapporto dei francesi con il calcio che da quel momento diventa indiscutibilmente lo sport nazionale del paese. Il giorno dopo, in occasione del 14 luglio, la tradizionale parata per la festa nazionale pare trasformarsi in nuova occasione per festeggiare la conquista della Coppa del Mondo. L’orgoglio francese è alle stelle. In quel frangente il presidente della Repubblica Jacques Chirac si esprimerà così: “Oggi questa squadra tricolore e multicolore restituisce una bella immagine di una Francia umanista, forte, unita11)Andrea Costanzo, Come la politica ha usato il calcio in Francia, l’Ultimo Uomo.

Black – blanc – beur (nero – bianco – magrebino), è questo infatti l’epiteto tramite il quale verrà sempre ricordata la selezione francese del ’98. La squadra è un esempio all’epoca unico di rappresentativa composta da giocatori originari da tutti e cinque i continenti: Lama è nato in Guyana, Karembeu in Oceania, Desailly in Africa e Thuram nelle Antille; Henry è nato in Francia ma da famiglia caraibica; Zidane è algerino della Cabilia; Djorkaeff e Boghossian provengono dal Caucaso (il primo è anche un po’ polacco); il papà di Trezeguet è argentino, Barthez ha ascendenti spagnoli, Lizarazu baschi – e poi ci sono i francesi purosangue come Blanc e Deschamps. Non è una reale novità per la nazionale francese, poiché già in passato aveva presentato ai Mondiali selezioni piene di giocatori di nascita o ascendenza straniera. La squadra del 1938 aveva infatti componenti di origine africana, oltre a calciatori provenienti da altri Paesi d’Europa, e anche un naturalizzato uruguaiano; sarà così anche per le altre grandi nazionali francesi del ’58 e della prima metà degli anni Ottanta.

Ma nel 1998 la nazionale compie un passo in più: riesce ad assumere su di sé l’immagine di quella Francia diventata in breve tempo multietnica dopo le ondate migratorie, in particolare dalle ex colonie, che da qualche decennio stanno cambiando il tradizionale aspetto dei centri urbani e in generale del paese. Un passaggio storico accompagnato inevitabilmente da incomprensioni e tensioni, nonché dalla formazione di autentici ghetti per immigrati posti ai margini delle metropoli – Saint-Denis, per esempio. La Francia del calcio è l’emblema della nuova società figlia dell’immigrazione di massa. L’amalgama ha funzionato e pertanto il successo nel Mondiale sembra indicare la strada per una nuova e possibile convivenza all’ombra degli ideali repubblicani.

Quanto sia fragile e illusoria l’ipotesi di una Francia integrata e multietnica, pacifica, benestante e culturalmente aperta, lo si vedrà amaramente negli anni a seguire, così come non era possibile né sensato auspicare l’avvento di una società unita e nel contempo fondata su abissali differenze fra i suoi membri – di reddito, di condizioni di vita, di classe. Un film del 2008 intitolato Entre les murs (di Laurent Cantat) racconta con taglio estremamente realistico la difficile realtà di una scuola superiore della banlieu parigina composta in maggioranza da figli di immigrati. Nel corso di una discussione in classe, un ragazzo di origine magrebina provoca un ragazzo caraibico per il fatto che questi, a causa della sua origine, non avrebbe a suo dire nemmeno una nazionale di calcio decente per cui tifare; costui ribatte che la sua nazionale è quella francese, e alcuni ragazzi lo irridono apertamente per tale affermazione. È un esempio, minimo ma illuminante, e per restare soltanto in ambito calcistico e cinematografico.

N’oublions pas, ma per concludere torniamo ancora un poco a quel luglio del ’98, perché fa bene al cuore ripensare alle parole di un Lilian Thuram fresco del titolo mondiale, che così si espresse: “Ero lì sul campo, ci pensavo e non potevo crederci: campione del Mondo? Io? Nato in Guadalupe, un povero ragazzo delle periferie di Parigi, e adesso campione del Mondo? No, davvero non potevo crederci…12)James Bhamra, How a humble Lilian Thuram rose from nothing to become the world’s best right-back, These Football Times. Credici Lilian, e credi che anche solo per un attimo, la Coppa del Mondo l’hanno vinta tutti i ragazzi francesi come te.

23 maggio 2020

References   [ + ]

1. Franck Annese, “Moi je n’ai rien demandé! Je voulais etre chauffeur livreur”, intervista a Zidane, So Foot n. 108
2. Karan Tejwani, Zinedine Zidane: the Juventus diaries, These Football Times
3. Andrew Flint, Ronaldo: in touching distance of being the greatest, These Football Times
4. Daniele Manusia, Il posto di Ronaldo nella storia, l’Ultimo Uomo
5. Luca Savarese, Il capolavoro di Ronaldo, Calcio 2000 n. 231
6. O Fenomeno in full flow, FIFA.com
7. Jacob Steinberg, World Cup stunning moments: Ronaldo falters as France win, The Guardian
8. Andrew Flint, cit.
9. Alex Bellos, The mistery of Paris that refuses to go away, The Guardian
10. Ronaldo shock a Francia ’98, Storie di Calcio
11. Andrea Costanzo, Come la politica ha usato il calcio in Francia, l’Ultimo Uomo
12. James Bhamra, How a humble Lilian Thuram rose from nothing to become the world’s best right-back, These Football Times