Questo proprio non si fa nella Bulgaria socialista, il paese in cui un regime monolitico è diventato sinonimo di consenso pressoché unanime e un po’ ottuso. Proteste e sceneggiate in campo, falli brutali, un clima teso che attraversa l’intero incontro e che sfocia in rissa finale; il tutto fra calciatori bulgari, in rappresentanza delle principali istituzioni del paese e in diretta televisiva, ma non scherziamo. Per tale ragione, poco dopo il triplice fischio che mette fine al derby di Sofia valido quale finale della Coppa nazionale – è il 19 giugno 1985 -, interviene direttamente il vertice politico con una severità inedita in ambito calcistico.
Levski e CSKA sono le due formazioni di club più forti del paese: la prima, più antica (fondata nel 1914), prende il nome dall’eroe nazionale bulgaro nella lotta per l’indipendenza ed è la squadra del ministero dell’interno; la seconda rappresenta l’esercito, è stata fondata dopo la guerra ma trae origine da una squadra del circolo ufficiali di Sofia costituita nel ’23. La rivalità fra di loro è serrata. Gli incidenti che accompagnano la finale del 1985 – per la cronaca vinta due a uno dal CSKA – sono considerati una vergogna nazionale e conducono a sanzioni pesantissime: scioglimento delle squadre, coppa non assegnata e titolo nazionale trasferito a una terza squadra, mentre i calciatori che maggiormente si sono distinti nelle intemperanze sono squalificati a vita. Poi tutto rientra dopo alcuni mesi in vista di Messico ’86, perché il paese non può permettersi di inviare ai Mondiali una nazionale monca, ma per un po’ di tempo i giocatori se la vedono davvero brutta. Quelli del Levski sono inviati in fabbrica, mentre i calciatori radiati del CSKA sono destinati a tornare sotto le armi. “Mi spedirono in caserma e passai mesi di addestramento. Sveglia alle cinque del mattino, corse nei boschi con un fucile. Come se fossi in guerra”1)Toni Padilla, Levski – CSKA, policia contra ejercito, Panenka n. 36 ricorda Stoichkov, una delle teste calde nella famigerata finale.
È un passaggio importante per la storia del calcio bulgaro – ovviamente assieme all’apertura delle frontiere che, a partire dal ’90, ha garantito a diversi giocatori la possibilità di essere protagonisti diretti del grande calcio internazionale. Quelle squalifiche, seppur temporanee, hanno consentito a una nuova generazione di calciatori bulgari di farsi largo innanzitutto nel calcio locale; una generazione che avrà il suo momento d’oro di lì a nove anni e che individuerà la sua stella più luminosa proprio nell’uomo scampato a un destino di soldato.
Hristo Stoichkov è il leader della Bulgaria mondiale negli States. Gioca un fantastico torneo che lo laurea capocannoniere e lo proietta fra i più forti giocatori al mondo. È di gran lunga il migliore calciatore bulgaro di sempre, sopravanzando nella memoria dei tifosi il ricordo di Georgi Asparuhov, attaccante degli anni Sessanta e Settanta morto ventottenne in seguito a un incidente d’auto. La squadra in cui cresce il prematuro talento di Stoichkov è il CSKA di Sofia. Alla caduta del regime socialista è ingaggiato dal Barcellona, dove forma una meravigliosa coppia d’attacco assieme al brasiliano Romario, un altro caratterino niente male (ma tra i due scorre buon sangue). Nel primo anno con i catalani, durante la finale di Coppa di Lega contro il Real Madrid – evidentemente le finali di coppa gli danno un po’ alla testa – Stoichkov molla un pestone all’arbitro, reo di aver espulso il suo allenatore Cruyff. Si becca sei mesi di squalifica, poi trasformati in dieci incontri, ma col Barcellona è protagonista di alcune fantastiche stagioni – e nonostante la ricorrente voce per la quale frugava nelle tasche dei suoi compagni, negli spogliatoi. Poi litiga con Cruyff e tenta la fortuna in Italia, nelle fila del Parma, ma non funziona; quindi torna al Barcellona, ma ormai è al margine del progetto di gioco. Di fatto la sua carriera ad alti livelli si è chiusa con le prestazioni sfornate sui campi americani del Mondiale. Tenterà anche la carriera di allenatore, e in questa veste siede anche sulla panchina della nazionale bulgara, ma non otterrà particolari risultati. Stoichkov è un trequartista e un attaccante davvero fantastico nei suoi momenti migliori; è potente, segna e sforna assist, e il calcio bulgaro deve a lui davvero tanto.
Per tutta la seconda metà degli anni Ottanta Stoichkov è il perno di un solido trio d’attacco nel CSKA Sofia completato da Penev e Kostadinov. Quest’ultimo, in forza nei Novanta al Porto e poi al Bayern Monaco, è presente al Mondiale del 1994, è titolare della squadra bulgara ma non segna. I gol che contano, e che resteranno nella storia, li ha già marcati nella fase di qualificazione, un’esperienza tanto entusiasmante per la nazionale est-europea quanto drammatica per il suo principale avversario, la nazionale francese. Il finale thrilling di quel girone merita il racconto.
I due posti in palio per il Mondiale statunitense vedono in lizza le nazionali di Austria, Bulgaria, Francia, Finlandia, Israele e Svezia. A settembre ’93, dopo un pari casalingo contro la Svezia allo Stadio Levski di Sofia – un impianto il cui principale ingresso sembra la facciata di un teatro – e la vittoria della Francia in Finlandia, i bulgari sono messi piuttosto male: tre punti dietro i francesi e due dalla Svezia, con altresì una differenza reti peggiore degli avversari diretti. Ricordiamo che la vittoria vale ancora due punti. La Bulgaria deve affrontare l’Austria, già eliminata, e poi la Francia in trasferta; i bleus, prima dei bulgari, ospiteranno Israele, una formazione che sinora nel girone non ha mai vinto e che all’andata ne ha prese quattro, dai francesi. Nel penultimo turno la Svezia si impone sulla Finlandia, la Bulgaria regola quattro a uno gli austriaci, e contemporaneamente si assiste alla clamorosa sconfitta casalinga della Francia con Israele per tre a due – ancora più inspiegabile alla luce del fatto che a sette minuti dal termine i transalpini conducevano per due a uno! A questo punto la Svezia stacca il biglietto per gli USA. La seconda qualificata per il Mondiale verrà quindi decisa il 17 novembre 1993, al Parco dei Principi di Parigi, nella sfida tra Francia e Bulgaria.
Ai transalpini basterebbe chiudere l’incontro in parità per assicurarsi la fase finale della Coppa. Nel primo tempo vanno in vantaggio con Cantona ma subiscono il pareggio a firma Kostadinov. L’uno a uno regge sino al novantesimo minuto, quando la Francia è in attacco e sta per battere una punizione nei pressi del corner. Ginola (sul quale il tecnico Houllier scaricherà sempre tutte le colpe, in maniera francamente esagerata) è sulla palla e commette una leggerezza madornale: invece di perdere tempo trattenendo la sfera vicino all’angolo, lascia partire un traversone che scavalca l’area di rigore e diventa preda della squadra bulgara, che riparte. La palla arriva velocemente a Kostadinov, che entra in area sulla destra e con uno splendido tiro insacca il pallone sotto la traversa francese a marcare quel due a uno per i bulgari che significa una parola: Mondiali. Al fischio finale il commentatore della tv urla a squarciagola “Dio è bulgaro!”, mentre i francesi più che delusi sono sconvolti da un epilogo incredibile: Houllier ha le mani nei capelli; Deschamps piange a dirotto; Platini, a bordo campo, non sa più dove girare lo sguardo. La pesante eliminazione della Francia è anche peggio di quella subita quattro anni prima, poiché ora si realizza con la prospettiva del Mondiale in casa a pochi anni di distanza (per il quale, magra consolazione, almeno non dovranno sostenere le qualificazioni). Ma questa terribile batosta sarà di una qualche utilità.
Il terzo componente dell’attacco del CSKA, Ljboslav Penev, ai Mondiali non è presente poiché gli è stato diagnosticato un cancro ai testicoli. Per fortuna guarisce e diventerà anche allenatore della Bulgaria dal 2011 al 2014. C’è però suo zio Dimitar, un pingue omone, con un viso simpatico da slavo e uno stile datato, che è solito fumare a bordo campo: è il commissario tecnico della squadra bulgara. Da sempre nei ranghi del CSKA, scopre molti giovani talenti che faranno le fortune del calcio bulgaro. Imposta la sua nazionale su difesa e contrattacco e un 4-4-2 prudente. Il capitano è Mihajlov, portiere, spesso in panchina nella sua squadra di club (il Mulhuose) ma gran protagonista negli Stati Uniti. Nella formazione-tipo incontriamo poi una linea arretrata composta da Houbtchev e Ivanov come centrali, Kiriakov sulla destra e Tzetzanov a sinistra. Iankov è il centrocampista arretrato, mentre il reparto mediano è completato da Sirakov, Letchkov e Balakov. Questi ultimi due giocano un Mondiale grandioso: Letchkov è in forza all’Amburgo; Balakov, un ottimo centrocampista offensivo abile anche come trequartista, gioca nello Sporting Lisbona e poi nello Stoccarda dove, sotto la guida Joachim Low, raggiungerà la finale di Coppa delle Coppe nel 1998 (persa contro il Chelsea). Come detto in attacco operano Stoichkov e Kostadinov. Questa Bulgaria è trasformata da Penev nell’autentica grande sorpresa del Mondiale americano.
Prima del campionato del Mondo la Bulgaria disputa quattro partite amichevoli: non brilla, racimola quattro pareggi contro Messico, Ucraina e le non eccelse rappresentative di Kuwait e Oman. Stoichkov è conosciuto, ma in generale dalla formazione bulgara non si attendono grandi risultati, e l’esordio pare confermare le aspettative: sconfitta tre a zero per mano della Nigeria. I giocatori bulgari però sono bravi a non demoralizzarsi. Giova loro il fatto che le nazionali africane, dopo l’exploit del Camerun di quattro anni prima, non sono più considerate come delle semplici outsiders, bensì come le nuove potenziali forze del calcio internazionale. Pertanto la Bulgaria riesce a riprendersi già dalla seconda partita contro i vicini greci, che chiude con un sonoro quattro a zero grazie alla doppietta di Stoichkov (entrambe le reti su calcio di rigore) ed ai gol di Letchkov e di Borimirov. Dato statistico non indifferente: è la prima vittoria bulgara nel corso di una fase finale della Coppa, la prima dopo diciassette partite. E qualcosa scatta nella squadra slava.
L’autentica svolta nel campionato mondiale dei bulgari giunge in occasione della sfida contro un’Argentina tramortita dal caso Maradona. Già nel primo tempo la Bulgaria infila la rete avversaria con una conclusione di testa di Iankov, ma il gol è annullato per fuorigioco, per lo meno dubbio. Nella ripresa dominano: il primo gol è frutto di un gran contropiede gestito da Kostadinov che lancia Stoichkov, il quale è bravissimo, di prima, a battere Islas; il raddoppio è siglato di testa da Sirakov, che su calcio d’angolo sovrasta il suo marcatore. I giocatori festeggiano la rete sotto la tribuna mentre piovono bandiere bulgare in campo. Al termine di una partita spigolosa – sette ammoniti più un espulso, Tzetzanov, a metà ripresa – la Bulgaria batte con merito l’Argentina per due a zero, conquista il secondo posto nel suo impegnativo girone e vola agli ottavi di finale.
Bulgaria – Messico, rivincita della sfida fra le due nazionali di otto anni prima valida sempre per gli ottavi del Mondiale, è una partita in parte rovinata dall’eccessivo protagonismo dell’arbitro siriano Al-Sharyf. Si contano alla fine otto ammonizioni e due espulsioni, una per squadra (Kremenliev al minuto cinquanta, Luis Garcia otto minuti più tardi), nonché un rigore piuttosto inventato. I bulgari comunque chiuderanno il torneo nettamente in testa nel conteggio delle sanzioni disciplinari, mettendo insieme nel complesso 23 cartellini gialli e 2 rossi. Fra bulgari e messicani accade quasi tutto nella prima mezzora di gioco. La Bulgaria passa in vantaggio al sesto minuto grazie a una veloce ripartenza nella quale Yordanov pesca Stoichkov in avanti; l’attaccante scatta, penetra in area sulla sinistra e scaglia un fendente sul quale Campos – il valido portiere messicano dai completi di gioco colorati che si disegna da sé – non ha scampo (e scusate il gioco di parole). Il pareggio è realizzato su rigore da Garcia Aspe per la gioia del tifo sugli spalti, quasi tutto a favore della compagine latinoamericana.
Il Messico non fa cambi per centoventi minuti e forse qualche forza fresca, nel torrido pomeriggio dell’estate newyorchese, avrebbe fatto comodo. La partita si decide ai calci di rigore. Il Messico ne segna solo uno su quattro, quello di Suarez: Garcia Aspe centra la traversa, Bernal calcia male e si vede respingere il tiro da Mihajlov, il quale para anche il rigore di Rodriguez. Campos riesce a neutralizzarne uno, alla grande, ma gli altri tre vanno a segno, tra cui quello decisivo calciato da Letchkov. La Bulgaria passa ai quarti di finale in programma sempre al Giants Stadium di New York, il 10 luglio, a mezzogiorno. La attende, con tre giorni di riposo in più a favore, la squadra campione in carica: la Germania.
I tedeschi hanno portato in America la squadra più vecchia del torneo, una formazione che paga pesantemente dazio ai campioni del 1990 – un eccesso di riconoscenza che spesso contraddistingue le nazionali detentrici della Coppa. È mutata la guida tecnica, ora affidata a Berti Vogts, ma non è cambiato lo schema di gioco che è sempre ancorato al tradizionale – e ormai anacronistico, quanto è volato il tempo – 3-5-2. Matthaus, limitato da alcuni fastidi fisici, è scalato in difesa nel ruolo di libero. In porta gioca ancora Illgner, ma non sente la piena fiducia del ct, tanto che lascerà la nazionale appena terminato il Mondiale. Davanti opera un pimpante Klinsmann, affiancato da Riedle oppure da un redivivo Voller, agli ultimi colpi con la maglia della nazionale. Secondo Matthaus “la squadra del 1994 era più forte di quella del 1990. Il problema era che l’allenatore dell’epoca, Berti Vogts, non l’aveva capito. Di colpo era scomparsa l’alchimia da quella squadra”2)Maxime Marchon, Ali Farhat, “Qu’est-ce que ca veut dire, etre normal?”, intervista a Lothar Matthaus, So Foot n. 174. Sarà. Come uomini e attitudine, la Germania – per la prima volta unita ai Mondiali – assomiglia troppo ad una replica di sé stessa ma con quattro anni in più.
Quali campioni in carica ai tedeschi spetta l’onore di inaugurare il torneo e la Germania riesce a imporsi sulla Bolivia. È la prima volta dal 1974 che la squadra campione vince all’esordio. Ma la formazione andina non demerita: ci prova in più occasioni ma prende gol a venti minuti dal termine, su di un fuorigioco applicato in maniera suicida che lascia Hassler e Klinsmann soli davanti al portiere, con il resto della squadra oltre la propria tre quarti; poi resta in dieci per l’espulsione di Etcheverry – che ha rifilato un calcione a Matthaus – e la partita si chiude lì. Il secondo incontro, il più impegnativo in un girone nel complesso modesto, è contro la Spagna. È un pareggio che accontenta entrambe, determinato dalle reti nel primo tempo di Goicoechea, su tiro-cross che si infila nell’angolino, e di Klinsmann in netto fuorigioco. Nella sfida contro la Corea del Sud i tedeschi si portano sul tre a zero nel primo tempo, grazie anche agli errori del portiere avversario; poi però subiscono il sorprendente ritorno degli asiatici e chiudono con il minimo scarto, tre a due. Un episodio mostra l’affiorare di tracce di nervosismo inaspettato nel corpo della nazionale tedesca: Effenberg, sostituito, insulta i tifosi alzando il dito medio, e la federazione lo rispedisce a casa. È Klinsmann che si è caricato sulle spalle la squadra in queste tre partite, segnando quattro gol tedeschi su cinque.
Siamo agli ottavi di finale e alla Germania tocca in sorte la sfida con i belgi, un’altra formazione abbastanza attempata che schiera fra i titolari ben quattro reduci dal Mondiale messicano di otto anni prima e che finora ha mostrato prestazioni altalenanti e senza squilli. La partita però è divertente. Nei primi minuti la Germania passa in vantaggio con Voller, ma trascorrono appena centoventi secondi e il Belgio pareggia, con Grun, su pasticcio difensivo tedesco. Ancora tre minuti e la Germania torna in vantaggio con un gran bel gol, frutto di uno sfondamento centrale condotto da Voller e Klinsmann, e concluso da quest’ultimo con un preciso diagonale basso. Poi la Germania scatta in avanti e segna il terzo gol con Voller alla fine del primo tempo. Nella ripresa si assiste a un rigore solare negato al Belgio per fallo di Helmer su Weber, e alla rete di Albert che allo scadere fissa il definitivo tre a due. La Germania pare in spolvero: dopo il grigiore iniziale è in fase ascendente ed è sempre lì, pronta a lottare per il titolo; mostra però alcune difficoltà in fase difensiva e in aggiunta un preoccupante calo fisico nei secondi tempi che tende a diventare una costante.

Le formazioni – Bulgaria con Mihajlov; Kiriakov, Houbtchev, Ivanov, Tzetzanov; Letchkov Iankov, Sirakov, Balakov; Stoichkov, Kostadinov. Risponde la Germania con: Illgner; Kohler, Matthaus, Helmer; Berthold, Hassler, Moller, Buchwald, Wagner; Voller, Klinsmann. Fra i tedeschi ci sono nove campioni in carica in campo, mentre il decimo (Brehme) entrerà a partita in corso; la Bulgaria presenta la formazione titolare.
In avvio la Germania prova a controllare il gioco ma soffre terribilmente sin da subito in difesa gli attacchi dei bulgari. Quindi al dodicesimo una pregevole azione porta gli slavi prossimi al vantaggio: palla rubata da Letchkov nella metà campo avversaria; il centrocampista apre per Stoichkov che scappa sulla destra, salta un uomo e serve al centro per Balakov, rasoterra di esterno sinistro sulla destra del portiere, palo clamoroso. La mannschaft riemerge a metà del tempo con un pericoloso colpo di testa in acrobazia di Klinsmann, lasciato troppo solo, ma la conclusione è abbastanza centrale e il portiere ha buon gioco a respingere. Poi la Germania cresce e chiude la frazione in avanti. Al minuto trentadue Moller, imbeccato da Hassler, scarica un gran tiro dal limite che viene respinto da Ivanov con le parti basse – il difensore bulgaro poi si accascia a terra comprensibilmente dolorante; Klinsmann ci prova allo scadere con una girata al volo che termina poco sopra l’incrocio dei pali.
La ripresa è spettacolare. Sono passati soltanto tre minuti di gioco quando un lancio dalla trequarti raggiunge Klinsmann in area; qui Letchkov interviene in maniera scomposta e atterra l’attaccante tedesco, il quale di certo non si fa pregare se deve rotolarsi sul terreno di gioco. Rigore, inevitabile, realizzato in maniera perfetta da Matthaus per l’uno a zero tedesco. Il gol destabilizza un poco i bulgari e la Germania tenta in varie occasioni di approfittarne, la più pericolosa delle quali è un tiro di Hassler sul quale Mihajlov sfodera un intervento grandioso. Al decimo minuto la Bulgaria si scuote: Stoichkov per Tzetzanov sulla fascia, cross, colpo di testa di Sirakov che sfiora il palo. Altri dieci minuti ed è Ivanov, sempre di testa, su azione d’angolo, a mandare la palla poco alta sopra la traversa. Poi il pallino del gioco passa nuovamente in mano tedesca: un rasoterra di Helmer esce fuori di poco; Moller scaglia uno splendido esterno da fuori area e stavolta il pallone, anziché sbattere sulle parti intime di Ivanov, va diritto contro il palo, poi Voller ribadisce in rete ma è in fuorigioco.
Nonostante la Bulgaria stia disputando una partita di indubbio valore, nonostante abbiano appena colto un palo, i campioni del Mondo tedeschi sembrano irrimediabilmente lanciati ancora una volta verso le semifinali della Coppa ed è davvero difficile a quel punto pronosticare un epilogo differente. Ma i bulgari hanno talento, forza e oggi hanno una gran voglia di portare a termine l’impresa della vita. A un quarto d’ora dalla fine, in centottanta secondi, la Bulgaria capovolge il mondo.
Minuto settantacinque: punizione da fuori area spostata sulla destra, Stoichkov si incarica della battuta; gran conclusione di sinistro che scavalca barriera, fa la barba al palo ed entra in rete, con il portiere immobile – uno a uno. Minuto settantotto: cross di Iankov in mezzo, Letchkov, strepitoso, scatta in area, anticipa il difensore tedesco e in avvitamento colpisce di testa mandando la sfera in rete – meraviglioso e sorprendente due a uno per la Bulgaria con Letchkov che corre pugni al cielo. Nel prevedibile copione finale, i tedeschi vanno all’arrembaggio senza creare eccessivi pericoli alla porta avversaria grazie anche a un Mihajlov molto attento sulle uscite, mentre i bulgari ci provano in contropiede, ma nulla cambia. La Germania è eliminata al culmine di quella che probabilmente è stata la sua partita migliore a USA ’94, e questo la dice lunga sull’impresa dei bulgari. Dopo tre finali di fila inizia una fase discendente per tedeschi nei Mondiali, sia in questa edizione che nella successiva, per quanto, in entrambi i casi, riescano a ottenere l’ingresso nei quarti di finale.
“È stato il giorno più grande nella storia del calcio bulgaro”3)Stoichkov, Letchkov slay giants at Giants FIFA.com dirà Dimitar Penev. È facile credergli. Quella che resterà sempre nella memoria come la generazione d’oro ha portato la Bulgaria fra le prima quattro nazionali al mondo. La semifinale dei bulgari e l’ottimo torneo della Romania sembrano allora indicare il ritorno al passato di una gloriosa tradizione calcistica, quella dell’Europa orientale, che pareva in difficoltà dopo l’ultimo importante risultato ottenuto, ovvero la semifinale della Polonia nel 1982. Ma è un illusione: ci sarà ancora un’altra semifinale quattro anni dopo, per i croati, e poi serviranno vent’anni per tornare a vedere la luce. Gli ultimi successi sono ancor il frutto del precedente ordine politico e la profonda crisi del calcio est-europeo è alle porte.
1 dicembre 2019
immagine in evidenza: L’esultanza di Letchkov dopo il gol alla Germania
References
1. | ↑ | Toni Padilla, Levski – CSKA, policia contra ejercito, Panenka n. 36 |
2. | ↑ | Maxime Marchon, Ali Farhat, “Qu’est-ce que ca veut dire, etre normal?”, intervista a Lothar Matthaus, So Foot n. 174 |
3. | ↑ | Stoichkov, Letchkov slay giants at Giants FIFA.com |