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Sudafrica, 2010
VII. I giovani tedeschi

Londra, Stadio di Wembley, 30 luglio 1966. Le nazionali di Inghilterra e Germania Ovest giocano i tempi supplementari della finale di Coppa del Mondo, dopo che i regolamentari sono terminati sul due a due. All’undicesimo minuto, su assist di Ball proveniente dalla fascia destra, Hurst controlla in area e calcia fortissimo verso la porta: la palla sbatte sulla traversa, rimbalza a terra più o meno tra linea e gol, e poi è messa fuori di testa da un difensore. Gli inglesi invocano il gol, i tedeschi protestano; l’arbitro svizzero Dienst si avvicina al guardalinee – che a dirla tutta non era messo nella posizione più corretta per decidere – e comunica con lui a gesti. Il guardalinee si chiama Tofiq Bahramov, è sovietico di provenienza azera, è di gran lunga l’azero più famoso della storia del calcio tanto che nel ’93 gli hanno dedicato lo stadio di Baku: indica il centro del campo, quindi la palla in rete, e l’arbitro assegna il tre a due per l’Inghilterra. Gli inglesi poi segnano un altro gol e si aggiudicano il loro primo e al momento unico titolo mondiale.

Ancora adesso sulla correttezza o meno del gol che di fatto ha deciso il torneo del ’66 non c’è un giudizio unanime. Ma nel corso del Mondiale sudafricano il teatro magico del calcio mette in scena la più impensabile delle vendette.

Il 27 giugno 2010, al Free State Stadium di Bloemfontein, si gioca l’ottavo di finale del campionato del Mondo tra le nazionali tedesca e inglese. Germania così in campo: Neuer; Lahm, Mertesacker, Friedrich, J.Boateng; Schweinsteiger, Khedira; Muller, Ozil, Podolski; Klose. Risponde l’Inghilterra: James; Johnson, Terry, Upson, Cole; Milner, Lampard, Barry, Gerrard; Defoe, Rooney. Arbitra l’uruguaiano Larrionda. È il quinto incrocio fra le due selezioni ai Mondiali, tutti quanti di una certa importanza: oltre alla citata finale del 1966, hanno giocato i quarti del ’70, il girone dei quarti nel 1982 e la semifinale otto anni dopo. Il bilancio delle sfide pende a favore dei tedeschi.

All’inizio la Germania è travolgente: pochi minuti e Ozil penetra in area avversaria, impegnando l’estremo inglese; al ventesimo, su palla lunga, Klose prende di infilata i difensori inglesi, troppo passivi, e mette in rete il vantaggio tedesco. La mannschaft non si placa: si assiste ad un’altra occasione da rete per Klose sventata dall’ottima uscita di James, e poi al trentaduesimo un gran passaggio sempre di Klose libera sulla destra Muller, che scarica su Podolski pronto a infilare la porta inglese. Due a zero per la Germania, la partita pare irrimediabilmente decisa causa manifesta superiorità di uno dei contendenti.

L’Inghilterra, che sinora più o meno si è goduta lo spettacolo come il pubblico sugli spalti, all’improvviso invia segnali di risveglio quando un tocco dall’area piccola di Lampard impegna Neuer in una deviazione provvidenziale; e poi al minuto trentasette, su cross di Gerrard e complice un’uscita affrettata del portiere tedesco, accorcia lo svantaggio grazie al colpo di testa di Upson. Galvanizzati, gli inglesi attaccano e un attimo dopo ecco il passaggio storico che ribalta quarantaquattro anni di discussioni: tiro dal limite di Lampard che scavalca Neuer, palla sulla traversa, a terra, ancora sulla traversa, ancora a terra e finalmente agguantata dal portiere. Dalla panchina il ct degli inglesi Capello già esulta, ma per l’arbitro non c’è stato alcun gol. Le riprese televisive mostrano Lampard con le mani nei capelli e poi il replay, a fugare qualsiasi dubbio davanti al mondo intero: con il primo rimbalzo la palla ha superato la linea di porta, ma proprio di tanto, almeno trenta centimetri. Il tremendo errore arbitrale nega all’Inghilterra il gol del due a due che avrebbe rappresentato un sensazionale e fulmineo recupero da una situazione pressoché disperata. Invece questo splendido primo tempo, con i tedeschi negli ultimi minuti di nuovo all’attacco, si chiude sul due a uno.

La ripresa si apre ancora con un sussulto degli inglesi che prendono la traversa su punizione calciata da Lampard, al quale oggi evidentemente la fortuna non arride. La partita è sempre viva, ci sono tentativi a rete da una parte e dall’altra, ma poi in tre minuti l’Inghilterra crolla a fronte dei micidiali contrattacchi tedeschi: Muller segna al minuto sessantasei su assist di Schweinsteiger e di nuovo al sessantanovesimo su assist di Ozil. Nel tempo che resta è da segnalare una pregevole azione personale di Gerrard, tiro a rete dall’area e respinta grazie a un prodigioso balzo laterale a mano aperta di Neuer. Finisce con il pesante risultato di quattro a uno a favore della Germania una delle partite più belle di tutto il torneo.

Reduce da un ottimo girone di qualificazione (nove vittorie, una sconfitta ma a giochi già fatti, trentaquattro reti segnate), la nazionale inglese presenta negli elementi principali una struttura simile a quella vista quattro anni prima. Manca però per infortunio Ferdinand, colonna portante della difesa. Gerrard è il capitano; Rooney (120 presenze e cinquantatré gol in nazionale, un record) è la speranza per l’attacco: ventisei reti in Premier quell’anno, per un totale di 208 in carriera; tozzo e forte fisicamente, bravo anche negli assist, ai Mondiali però continua a fallire, così che al suo secondo torneo iridato è ancora a zero reti. C’è poi la colonia del Chelsea formata da Terry, Cole e in particolare Lampard, uno dei grandi centrocampisti del periodo e capace di segnare un numero spropositato di gol con il suo club, che poi allenerà, ovvero 211 (oltre a ventinove reti in nazionale). Validissimo sui tiri da lontano, le punizioni, i rigori, Lampard non è stato né il più tecnico né il più elegante, ma “il centrocampista più dedito al suo compito, prolifico e scrupolosamente professionale della sua generazione1)Callum Rice-Coates, Frank Lampard: the last legend of a dying breed, These Football Times. Il Chelsea del periodo disputa due tese finali di Champions League, entrambe decise ai rigori: nel 2008 Terry potrebbe regalare la coppa alla sua squadra ma scivola, spedisce la palla sul palo, e poi nei tiri a oltranza si impone il Manchester United; due anni dopo il Mondiale, il Chelsea pareggia in extremis e vince il titolo contro il Bayern, nel loro stadio.

Comunque l’Inghilterra delude ai mondiali del 2010. Con questo organico, e con la guida tecnica affidata a Fabio Capello dopo la mancata qualificazione agli Europei di due anni prima, le aspettative di gioco e di risultati alla vigilia erano senza dubbio maggiori. Onestamente, Gerrard dirà: “La Germania è una squadra fantastica e ha meritato di vincere2)#WorldCupAtHome: Muller runs riot in historic win over Three Lions, FIFA.com. Va bene, ma cosa sarebbe accaduto con un risultato di due a due a fine primo tempo? Nel calcio determinati incroci, determinate svolte talvolta possono influenzare l’esito di un intero torneo. Il gol non assegnato agli inglesi e le inevitabili polemiche a seguire, però, incideranno notevolmente in un altro ambito, ovvero il dibattito che da anni coinvolge il possibile utilizzo della tecnologia a supporto dei giudizi arbitrali durante le partite di calcio: nel Mondiale successivo l’uso c.d. goal-line technology, consistente proprio nella verifica immediata dell’ingresso o meno della palla oltre la linea di porta grazie a video e computer, sarà realtà, e sarà anche il preludio alle grandi novità sul tema, ormai ineludibili, poste in atto in occasione del campionato 2018.

Il Mondiale sudafricano offre il ritorno, nell’inedita veste di allenatore, di un personaggio che ha fatto la storia della manifestazione: Diego Armando Maradona è il commissario tecnico della selezione argentina, incarico assunto nell’autunno 2008 a qualificazioni mondiali già iniziate. In forma, accomodante e spesso sorridente – quindi in netto contrasto con gli atteggiamenti del periodo precedente, in cui ha preso due mesi di squalifica dalla Fifa per insulti ai giornalisti -, Maradona è molto affettuoso con i suoi giocatori e si presenta in panchina sempre fornito di un rosario che avvolge alla mano; ma è più il peso del nome che altro, per un uomo che in realtà non ha quasi mai allenato. Utilizza un 4-4-2 con il rombo e a trazione offensiva, molto forte nel reparto avanzato e con Mascherano nuovamente quale perno della squadra davanti alla difesa. Paga però l’eccessivo sbilanciamento in avanti nel momento chiave. Poi, al di là dell’indubbio talento a disposizione, il gioco della seleccion durante il campionato non convince mai del tutto. Maradona denuncia anche una certa sfiducia negli argentini campioni con l’Inter, e sbaglia perché la presenza di elementi abili in copertura avrebbe garantito maggiore equilibrio, oltre a esperienza e carisma: Samuel passa buona parte del tempo seduto in panchina, ma più di tutto Cambiasso e Zanetti sono addirittura lasciati a casa, inspiegabilmente.

In attacco c’è spazio per giovani promettenti quali Di Maria, Higuain e avanti a tutti per Messi – ormai provvisto dell’esperienza di un veterano nonostante la giovane età – al quale Maradona concede piena libertà in campo e attorno al quale costruisce l’intera squadra. Lo straordinario talento calcistico di Lionel Messi vive una stagione non troppo soddisfacente, posta in mezzo alle due migliori della sua carriera: gli attribuiranno lo stesso il Pallone d’Oro, quasi a sminuire involontariamente il senso del premio. Così come accaduto a Cristiano Ronaldo, fa riflettere che, pur da autentici trascinatori nel calcio di club, non riescano ad assumere un ruolo di protagonisti in questo campionato del Mondo. Altro perno dell’attacco albiceleste è Carlos Tevez, che giunge al Mondiale 2010 nel cuore dei suoi anni migliori e vincenti, ovvero le esperienze con le maglie dei due club di Manchester e della Juventus. Tevez, esploso molto giovane nel forte Boca Juniors di inizio secolo, proviene da Fuerte Apache, un quartiere difficile di Baires, e porta sul volto le cicatrici causate da un incidente con l’acqua bollente occorso da piccolo, cicatrici che non ha mai voluto correggere chirurgicamente in quanto le ritiene parte di sé. In campo sfoggia creatività, potenza e la giusta dose di aggressività di chi ha lasciato alle spalle una vita difficile.

In fase di qualificazione la seleccion argentina inizia a mostrare paurose lacune quando, il primo aprile 2009, nell’altitudine di La Paz, subisce un terrificante sei a uno dalla Bolivia, e da lì in avanti mette a serio rischio l’approdo al Mondiale perdendo tre partite su quattro. Nel penultimo turno l’Argentina ospita al Monumental di Buenos Aires il Perù già eliminato: in vantaggio, gli argentini sono raggiunti sul pari; poi in pieno recupero e sotto una pioggia torrenziale, Palermo segna l’importante gol del due a uno che fa esplodere il delirio dei tifosi e per la gioia induce Maradona a planare sul prato inzuppato. Un paio di partite prima Palermo era stato riconvocato dopo dieci anni di assenza in nazionale e un Maradona riconoscente lo porterà anche ai Mondiali, dove però giocherà non più di dieci minuti. La vittoria in casa dell’Uruguay garantisce poi agli argentini l’ingresso diretto alla fase finale della Coppa.

A differenza delle qualificazioni, il girone della prima fase è chiuso dagli argentini a punteggio pieno e senza patemi. Contro la Nigeria, l’albiceleste attacca a spron battuto: Higuain manca un facile gol su assist di Messi; lo stesso Messi obbliga il portiere nigeriano Enyeama a un difficile salvataggio; poi, e siamo solo al sesto, Heinze di testa su calcio d’angolo marca il gol che risulterà decisivo. L’estremo difensore dei nigeriani è di nuovo fondamentale nell’evitare il raddoppio argentino in tre distinte occasioni tentate da Messi, Higuain e ancora Messi, il quale durante la ripresa cerca la via del gol in svariati modi, ma invano. Messi archivierà il torneo senza gol all’attivo. Argentina – Corea del Sud si chiude sul quattro a uno e Higuain mette in mostra tutto il suo potenziale realizzando una tripletta. Viene dominata anche la Grecia con un gol di Demichelis sugli sviluppi di un angolo e uno di Palermo, che raccoglie la ribattuta del portiere su violenta conclusione di Messi. Ora, nella fase a eliminazione diretta, il percorso argentino è identico al Mondiale del 2006: Messico agli ottavi, Germania ai quarti.

Al ventiseiesimo minuto del primo tempo di Argentina – Messico, i sudamericani passano in vantaggio grazie a un colpo di testa a porta sguarnita di Tevez, servito da Messi che a sua volta ha raccolto la respinta del portiere uscito sui piedi proprio di Tevez, lanciato a rete. Ma è un gol marcato in netto fuorigioco, non segnalato: i messicani protestano con vigore, si assiste anche all’assurda scena dei giocatori che indicano il maxi-schermo dello stadio sul quale è trasmessa la replica dell’azione, ma che l’arbitro italiano Rosetti non può guardare, e quindi la rete viene convalidata. Dopo pochi minuti un brutto errore del messicano Osorio regala la sfera a Higuain davanti alla porta per il suo quarto gol nel torneo. L’uno-due argentino, fortunoso, mette al tappeto i messicani che da parte loro avevano iniziato l’incontro meglio degli avversari e avevano altresì preso una traversa con Salcido. Il primo tempo si chiude con una mezza rissa fra le due rappresentative mentre si stanno avviando negli spogliatoi, innescata da Romero da una parte, Rodriguez e Guardado dall’altra. Poi, trascorsi pochi minuti della ripresa, uno splendido destro da fuori area di Tevez chiude i conti dell’incontro, e infine Hernandez fissa il definitivo tre a uno.

Il grande classico del calcio mondiale tra Germania e Argentina si gioca a quattro mesi di distanza da un amichevole fra le due selezioni disputata a Monaco di Baviera e vinta uno a zero dagli argentini con gol di Higuain – incontro che ha rappresentato anche l’ultima apparizione in nazionale di Ballack. La selezione tedesca schiera l’undici titolare già visto contro gli inglesi; la formazione argentina è questa: Romero; Otamendi, Demichelis, Burdisso, Heinze; Rodriguez, Mascherano, Di Maria; Messi; Tevez, Higuain. L’incontro, chiaramente molto atteso dagli appassionati, viene indirizzato su di un binario ben preciso dopo appena tre giri di orologio: bella punizione tagliata di Schweinsteiger dalla sinistra, testa di Muller in anticipo su tutti e uno a zero per la Germania. Lo stesso Muller al trentacinquesimo riceve un giallo a causa di un fallo di mano, risultando così squalificato per l’incontro successivo (tra l’altro, da questo Mondiale le ammonizioni accumulate vengono azzerate dopo i quarti, e non dopo la fase a gironi come accaduto in precedenza).

Metà del primo tempo è di netta marca tedesca e Klose manca il raddoppio da posizione molto favorevole, servito da un Muller scatenato. La formazione argentina si affaccia diverse volte in area tedesca, ma senza mai riuscire a essere davvero pericolosa e affidandosi quasi esclusivamente a improvvisate azioni personali che si esauriscono sulla solidità difensiva avversaria e sul sempre attento Neuer; Messi non pare in giornata, la spinta argentina grava spesso sulle spalle di Di Maria, il più attivo soprattutto nel secondo tempo. Ma proprio nella ripresa la seleccion crolla senza colpo ferire: al minuto sessantasei Klose infila a porta vuota su assist di Podolski, a sua volta servito da Muller mentre era sdraiato a terra; passano cinque minuti e, dopo una splendida fuga sulla destra, Schweinsteiger dà in mezzo dove Friedrich può scaricare in rete; nel finale segna anche Klose, su assist di Ozil. Germania quattro, Argentina zero.

È una sconfitta inequivocabile quanto dura da digerire per l’Argentina e Maradona abbandona l’incarico; il percorso ai Mondiali, tutto sommato non così fallimentare, si conclude ai quarti di finale così come quattro anni prima. Sconforta però gli argentini constatare come da cinque campionati di fila la seleccion non sia in grado di raccogliere i frutti dell’enorme potenziale a disposizione, rimanendo costantemente a debita distanza dalla Coppa del Mondo: un bilancio deludente che la accomuna ai suoi rivali inglesi, oltre al fatto di essere uscita da questo Mondiale con quattro gol tedeschi sul groppone.

Spagna e Germania in campo nella semifinale mondiale

Questa Germania, capace quindi di spettacolari vittorie contro due pretendenti al titolo dopo un girone iniziale difficile ma non immune da pecche, è figlia primogenita di un processo di svecchiamento abbozzato già quattro anni prima – all’interno di un più ampio programma di ricostruzione. La più giovane mannschaft della storia dei Mondiali registra un età media di ventiquattro anni e durante il torneo mette in campo nove uomini al di sotto dei ventitré. È una svolta non solo generazionale, poiché c’è meno fisico e più tecnica. Questi ragazzi sono dei predestinanti e nel corso del torneo sudafricano emergono su tutti le prestazioni di Muller, Ozil e Schweinsteiger.

Thomas Muller è un attaccante o centrocampista avanzato del tutto polivalente e dal fisico asciutto se non mingherlino, di appena vent’anni. Segna cinque reti nel campionato, quanto realizzato da Forlan, Sneijder e Villa, ma a queste aggiunge tre assist che lo laureano capocannoniere del torneo (perché da regolamento Fifa, a parità di gol si contano gli assist). In aggiunta è nominato miglior giovane del campionato. È il secondo Mondiale di fila nel quale sono tedeschi sia il miglior marcatore, sia il miglior giovane: quattro anni prima fu il turno di Klose e Podolski, entrambi presenti anche qui in Sudafrica, titolari e protagonisti in campo con, rispettivamente, quattro e due gol messi a segno (oltre a due assist per Podolski).

Mesut Ozil di anni ne ha ventuno, gioca come playmaker avanzato e in questo Mondiale, nel quale segna un gol e fornisce tre assist, è al centro gioco tedesco a un livello che non raggiungerà più nel futuro, pur restando per anni un titolare della squadra. Milita nel Werder Brema, dopo la Coppa passerà al Real Madrid ed è stato il miglior giocatore nella finale europea under-21 del 2009, vinta con la sua nazionale. Ozil è di famiglia turca immigrata ed è molto legato a queste origini, tanto da dichiarare: “La mia tecnica e la confidenza con la sfera sono il lato turco del mio gioco; la disciplina, l’atteggiamento e la spinta a dar sempre il massimo sono la parte tedesca3)Luke Osman, The making of Mesut Ozil: a season of rare brilliance at Werder Bremen and the 2010 World Cup, These Football Times.

Appena venticinquenne, Bastian Schweinsteiger ha già alle spalle un Mondiale da protagonista e sarà decisivo anche nella Coppa di quattro anni dopo; qui in Sudafrica entra far parte dell’undici ideale del torneo. È l’uomo determinante in quegli anni per le sorti della nazionale tedesca e del Bayern Monaco, e in futuro sarà noto altresì per aver sposato la bellissima tennista serba Ana Ivanovic. Nel 2010 forma un’efficace coppia di mediani dotati in egual modo di aggressività e tecnica con il giovane Khedira.

Il tecnico Low schiera i suoi uomini attraverso l’ormai pluricollaudato 4-2-3-1. La difesa è condotta dal capitano Lahm, elemento di continua e crescente importanza, ed è composta da giocatori più esperti salvo un’altra giovane sorpresa, Jerome Boateng. Compare poi per la prima volta sugli schermi internazionali un portiere ventiquattrenne di nome Neuer, destinato a un brillante futuro.

Non c’è un’autentica favorita nella semifinale che pone di fronte Spagna e Germania, ripetizione della finale europea di due anni prima: entrambe le formazioni sono in crescita, hanno mostrato le loro capacità (ma forse gli spagnoli non ancora del tutto) e l’esperienza a vantaggio dei singoli giocatori iberici può essere compensata da una maggiore abitudine tedesca a gareggiare a questi livelli fra nazionali. Giocano i titolari fra i tedeschi, salvo Trochowski per ovviare alla pesante assenza di Muller. La Spagna adotta la formazione definitiva: Casillas; Sergio Ramos, Piqué, Puyol, Capdevila; Busquets, Xabi Alonso; Pedro, Xavi, Iniesta; Villa. Il direttore di gara è l’ungherese Kassai. La regia internazionale indugia su Blatter, la regina Sofia e il presidente sudafricano seduti fianco a fianco in tribuna, allo stadio di Durban, la sera del 7 luglio 2010.

Come accaduto in buona parte delle uscite spagnole nel torneo, l’incontro si risolve in una sfida non spettacolare nella quale la Spagna controlla il gioco e costringe i tedeschi sulla difensiva, compito che assolvono nel complesso con attenzione. Il primo dato da registrare consiste in un solitario invasore di campo che compare al quarto minuto di gioco ed è prontamente portato via. Sin dall’avvio la Spagna opera un pressing efficace ben dentro la metà campo avversaria che consente spesso il pronto recupero della sfera. Al sesto un bell’assist di Pedro offre a Villa la possibilità di colpire in scivolata, con tempestiva uscita di Neuer a coprire lo specchio della porta e respingere la palla; al tredicesimo Iniesta crossa dalla sinistra, Puyol di testa anticipa Friedrich ma indirizza alto. Dopo un quarto d’ora di gioco la Germania si affaccia in attacco, battendo due calci d’angolo che sono respinti da Casillas in uscita.

Consci delle difficoltà che stanno vivendo, i tedeschi tendono a rinunciare alle azioni manovrate dal basso se non quando gli avversari allentano il pressing; la Spagna prova ad aumentare i ritmi, condotta da Xavi e Iniesta, ma non riesce a creare vere occasioni da rete, salvo una conclusione dalla distanza di Xabi Alonso alla mezzora. I tedeschi sono comunque sempre in agguato e con una pericolosa ripartenza impegnano Casillas su tiro di Trochowski. Nell’ultimo quarto d’ora la Spagna sembra tirare il fiato, la Germania gode di qualche libertà in più per costruire la propria manovra. In tale contesto si sviluppa l’ultima azione offensiva del primo tempo, di marca tedesca: Ozil sta entrando in area palla al piede, interviene Sergio Ramos che lo tocca e lo stende; i tedeschi lamentano il rigore, l’arbitro fa proseguire ma sarebbe stato comunque un fallo commesso fuori area.

È stata una Germania costretta a limitare i danni, in particolare per tutta una fase in cui gli spagnoli l’hanno intimidita in modo evidente. Con il passare dei minuti l’approccio alla gara dei tedeschi è progressivamente migliorato, giustificando così il parziale di zero a zero con il quale le squadre si ripresentano in campo per il secondo tempo. Da segnalare le gesta di Puyol, che giganteggia nella difesa spagnola, mentre dall’altra parte si destreggia molto bene Boateng.

La Spagna mostra un’ulteriore crescita nella ripresa – una costante per la roja in questo campionato – e avanza il raggio del palleggio, condotta da Xavi che non spreca un pallone che sia uno. Tre minuti di gioco e Pedro è molto efficace sulla fascia destra, la palla giunge a Xabi Alonso che calcia da lontano ma spedisce fuori. È ancora Xabi Alonso a concludere, senza centrare il bersaglio, una bella azione manovrata degli iberici. E poi ci prova Villa dal limite, la sfera esce ma Neuer era sulla traiettoria. Low prova a mischiare le carte inserendo Jansen in sostituzione di un Boateng perplesso (non è il solo) e il ventenne Kroos al posto di Trochowski. Khedira è il migliore dei tedeschi in questa fase, recupera e tenta di spingere avanti la squadra.

Ma la pressione spagnola si fa sempre più insistente e a tratti pare insostenibile: tiro di Pedro da fuori area parato da Neuer; splendido tacco di Xabi Alonso, Iniesta sfonda a sinistra e mette in mezzo dove Villa sfiora il tocco a rete; ancora Pedro da lontano, fuori, e poi Villa dall’area, tiro bloccato da Neuer. A metà della ripresa però ecco una notevole occasione prendere vita sui piedi tedeschi: Podolski, sinora assente, scatta a sinistra e scarica per Kroos, che è abbastanza solo in area e conclude di piatto ma Casillas è attento nel respingere. La Germania prende coraggio e per alcuni minuti riesce anche a gestire il pallone. È solo un fuoco di paglia. Settantatreesimo minuto, Iniesta conquista un calcio d’angolo. Batte Xavi, giunge dalle retrovie Puyol tutto solo, salta libero – il maggior disturbo è rappresentato dal suo compagno Piqué – e impatta splendidamente la sfera. Rete! Puyol corona con il gol una prestazione impeccabile e regala alla Spagna il meritato vantaggio.

A dieci minuti dal termine Del Bosque utilizza il primo cambio a disposizione, mandando in campo Torres per Villa, in questa serata meno incisivo del solito e altresì in colpa per aver appena mancato un contropiede due contro due. I tedeschi aggiungono un attaccante, Gomez, ma la Spagna può controllare la situazione senza correre troppi rischi, anche perché la difesa lavora bene e i due centrali intercettano tutti i palloni. Sfruttando lo sbilanciamento avversario, gli spagnoli creano pericolose azione offensive in superiorità numerica, con Pedro e Torres, che non vengono concretizzate. Insomma, la Spagna chiude in sicurezza, avrebbe potuto facilmente raddoppiare ma in ogni caso il risultato di uno a zero è più che sufficiente per aggiudicarsi questa semifinale mondiale.

Nonostante le emozioni concesse da altri incontri, o il blasone di altre sfide, Spagna – Germania è stata la partita decisiva di questa Coppa, per il valore delle due contendenti e altresì in prospettiva. È stata inoltre una partita molto corretta nella quale nessun giocatore ha preso ammonizioni o espulsioni. Una chiave di lettura della sfida si può identificare nella capacità che hanno avuto Pedro e Busquets di limitare le giocate rispettivamente di Lahm e Ozil, ma in generale tutta la formazione spagnola ha disputato una prestazione implacabile e al limite della perfezione, controllando l’incontro dall’inizio alla fine: secondo il giornalista Raphael Honigstein, intervistato al riguardo nel film ufficiale della Fifa sul Mondiale, la Spagna ha mostrato una delle migliori performance di squadra mai viste in Coppa del Mondo.

Una Germania pur sotto tono rispetto alle ultime due uscite, in generale non ha nulla da rimproverarsi: non solo, ma di queste sconfitte subite per mano degli spagnoli forse i tedeschi faranno tesoro. Fuori in semifinale per il secondo Mondiale consecutivo, l’appuntamento è solo rimandato poiché la Germania ha allevato grandi talenti e li sta affidando a un tecnico preparato. “Young hearts be free tonight / Time is on your side” (Young Turks, Rod Stewart)

E allora la Spagna approda alla prima finale mondiale della sua storia. Low è molto sportivo e sintetizza un giudizio ormai diffuso: “Tutto il mio rispetto va agli spagnoli. Sono stati la miglior squadra in circolazione degli ultimi due o tre anni, e penso che vinceranno il torneo4)World Cup 2010: Spain are almost unbeatable, says Joachim Low, The Guardian. Ma non sarà così semplice.

18 dicembre 2021

immagine in evidenza: Ozil, Muller e Khedira

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