Fischio d’inizio. Cruyff tocca a van Hanegem, che la dà a Neeskens. La palla arriva a Krol, poi se la scambiano Rijsbergen, Haan, Suurbier, di nuovo Haan, di nuovo Rijsbergen, e ancora Haan, poi Cruyff e Rijsbergen. Quindi l’azione si sposta sulla fascia: Krol, van Hanegem, Neeskens, palla indietro verso Rijsbergen, che la passa poi a Cruyff, a metà campo. A questo punto Cruyff accelera, avanza, frena, e accelera di nuovo. Vogts lo insegue invano. Cruyff entra in area di rigore e lì Hoeness lo stende. Calcio di rigore – il primo fischiato in una finale del Mondiale. Neeskens va sul dischetto: portiere sulla destra, palla sulla sinistra neanche troppo angolata, uno a zero per l’Olanda. Sono passati novanta secondi dall’avvio dell’incontro e l’Olanda, la squadra che finora ha stupito il mondo, è in vantaggio senza che i tedeschi abbiano avuto materialmente la possibilità anche solo di toccare il pallone. È l’inizio del trionfo olandese? No, è l’inizio della loro sconfitta. È un gioco meraviglioso e maledetto, il calcio.
La finale della Coppa del Mondo 1974 fra Germania Ovest e Olanda è una partita sontuosa, scolpita nella pietra. Un autentico scontro tra titani. Due squadre giunte all’ultimo atto del torneo con la precisa coscienza di meritare il titolo mondiale. Forse la finale mondiale più affascinante della storia del gioco.
Si gioca all’Olympiastadion di Monaco di Baviera, l’impianto delle Olimpiadi 1972, una struttura splendida, sormontata da un’avveniristica copertura in vetro acrilico e cavi d’acciaio. Lo stadio è stato inaugurato circa due anni prima da un’amichevole tra la Germania Ovest e l’URSS vinta dai tedeschi quattro a uno, con quattro gol di Gerd Muller. L’arbitro è l’inglese Taylor, un macellaio di Leeds dallo sguardo simpatico e dai modi espressivi. Quasi ottantamila persone sugli spalti. Ci sono molti olandesi che fanno parecchio chiasso, mischiati pacificamente ai tifosi locali. Le Germania Ovest è in bianco, l’Olanda in arancione. Formazioni titolari in campo, le ricordiamo. Germania Ovest: Maier; Vogts, Beckenbauer (capitano), Schwarzenbeck, Breitner; Bonhof, Overath, Hoeness; Grabowski, Muller, Holzenbein. Paesi Bassi: Jongbloed; Suurbier, Haan, Rijsbergen, Krol; Jansen, Neeskens, van Hanegem; Rep, Cruyff (capitano), Rensenbrink. Prima di iniziare accade un curioso contrattempo: l’arbitro segnala agli organizzatori che si sono scordati di mettere le bandierine ai bordi del campo e li invita a provvedere. Il cielo è coperto, non fa caldo. Sono le quattro del pomeriggio di domenica 7 luglio 1974.
Quindi, pronti via, e uno a zero per gli olandesi. Altri tre minuti e Vogts viene ammonito, dopo aver commesso due falli in pochi secondi. I tedeschi però, nonostante il colpo subito, provano a spingere, seppur in modo impreciso. La nazionale dei Paesi Bassi pare aspettare, sorniona; tenta qualche sortita non troppo efficace e senza eccessiva convinzione. È un calcio molto veloce. La Germania cresce, inizia a controllare le operazioni e a macinare gioco. Beckenbauer detta i tempi, Hoeness e Breitner conducono le azioni offensive. Cruyff si vede poco, Vogts lo marca come un mastino, benché ammonito. All’ottavo Breitner ci prova con un tiro da fuori area. Poco dopo Jongbloed anticipa Muller con una presa in uscita, non semplice.
Al minuto ventiquattro la squadra tedesca recupera palla in difesa. Il pressing olandese non funziona, Overath taglia fuori il centrocampo avversario con un lancio per Holzenbein. L’esterno della Germania avanza indisturbato e ha diverse possibilità di scarico; entra in area minacciosamente e a quel punto Jansen, accorso da dietro, lo stende. Nuovo rigore. Breitner si incarica del tiro, sicuro di sé, con la precisa intenzione di metterla dentro (così dirà in futuro). Rincorsa breve, tiro perfetto rasoterra sulla destra del portiere olandese che rimane assolutamente immobile, uno a uno.
L’Olanda sembra un po’ svegliarsi dal torpore che l’ha avvolta e tenta alcuni attacchi, ma la Germania Occidentale è davvero molto attenta in difesa. E attacca ancora. Al ventottesimo c’è un’azione centrale avviata da Beckenbauer, per Muller, poi Holzenbein che libera Vogts (addirittura) solo davanti a Jongbloed: tiro, gran parata dell’estremo difensore olandese. Al minuto trentatré Holzenbein sfonda nuovamente sulla fascia sinistra e dopo un minuto è Grabowski, sul lato opposto, a rendersi pericoloso. Ora gli attacchi tedeschi fanno paura. Punizione di Beckenbauer, di esterno, alzata dal portiere oltre la traversa. Tentativo in area di Hoeness, senza esito. In mezzo, però, c’è una grande opportunità per i Paesi Bassi. La retroguardia tedesca si fa trovare scoperta, Cruyff scappa in contropiede due contro uno e cede a Rensenbrink, che tira ma una grande uscita di Maier evita il gol. Minuto quarantadue: Bonhof, imbeccato da Grabowski, sfugge agli avversari sulla fascia destra, arriva verso il fondo e la mette in mezzo, bassa, per Muller, posto quasi al limite dell’area piccola. L’attaccante, attorniato da difensori, controlla male la palla che si allontana di un metro in direzione opposta alla porta. A quel punto Gerd Muller fa qualcosa di incredibile: un passo indietro, poi si gira su sé stesso e scocca un rasoterra che si infila all’angolino, mentre non solo gli olandesi, ma tutto il mondo attorno a lui resta immobile. Gerd Muller ha bloccato il tempo.
È il clamoroso due a uno per la Germania Ovest. I pochi minuti che restano nel primo tempo servono soltanto per ammirare un bel salvataggio di testa di Beckenbauer in difesa. Il Kaiser ha giocato un primo tempo mostruoso.

Appena l’arbitro fischia la pausa, van Hanegem tira un calcione alla palla, allontanandola con stizza in direzione dell’arbitro stesso. Il direttore di gara lo affronta a muso duro. Interviene Cruyff a protestare non si sa per cosa e si becca il cartellino giallo. Van Hanegem ha rischiato parecchio. È molto nervoso e la sua prestazione sino a quel momento ne risente. Nel primo tempo, quando ancora l’Olanda era in vantaggio, è stato ammonito per aver spintonato Gerd Muller che si stava lamentando per un fallo. “Non mi piacciono i tedeschi. Per me giocare con loro non è mai semplice”, ha dichiarato il centrocampista olandese1)Sandro Bocchio, Giovanni Tosco, Storia dei Mondiali di calcio, Società Editrice Internazionale, 2014. Willelm van Hanegem ha perso il padre e il fratello nella strage di Berkens, compiuta dalle truppe di occupazione tedesche nel corso dell’ultimo conflitto. Un altro fratello e una sorella sono morti sempre durante la guerra. Quel giorno uscirà in lacrime dallo stadio. I fantasmi della seconda guerra mondiale continuano a vagare.
L’Olanda sembrava avere la partita in mano ed ora si trova nell’intervallo in svantaggio per due a uno. Cosa è successo? Secondo van Hanegem, parte della squadra voleva continuare a spingere come negli altri incontri, ma una parte ha deciso di frenare, e questo è stato fatale. Paul Breitner sostiene che gli olandesi “stavano giocando in modo così arrogante che noi iniziammo a respirare. Capimmo che non volevano ucciderci ma soltanto irriderci, così pensammo ‘non vi lasceremo giocare come piace a voi’”2)Miguel Delaney, Paul Breitner – How a Bayern Munich defeat paved the way for West Germany’s 1974 World Cup triumph, The Blizzard n. 17. Si dirà, in seguito: si sono dimenticati di fare il secondo gol, che avevano lì a disposizione; erano già sicuri della vittoria. Non è così certo. Qualcosa invece si è inceppato nel meccanismo orange e forse la tenuta atletica o la concentrazione non sono al meglio. Di sicuro Haan e Rensenbrink non sono in condizione fisica perfetta, e Rensenbrink verrà infatti sostituito all’intervallo da Renè van de Kerkhof. In ogni caso nel primo tempo la Germania Ovest ha prevalso nel punteggio e anche sul piano del gioco. E non bisogna quindi dimenticare i meriti dei tedeschi, se gli olandesi sinora non sono stati all’altezza della fama che si sono guadagnati.
Siamo al secondo tempo. La Germania Occidentale, non paga, attacca ancora e Bonhof sfiora il terzo gol, di testa su calcio d’angolo, ma la palla lambisce il palo. A questo punto l’Olanda inizia a giocare a calcio – d’altronde è solo il cinquantesimo minuto della finale mondiale. Neeskens, van Hanegem e Krol, sono loro gli uomini che più di tutti, e per buona parte della frazione di gioco, conducono la squadra all’attacco della porta tedesca. Invece Cruyff disputa nel complesso una partita al di sotto delle aspettative.
Sono passati poco più di cinque minuti nella ripresa e Breitner salva sulla linea di testa su respinta errata di Maier, con la palla proveniente da un corner: sarebbe stato il più comico degli autogol per l’ottimo portiere tedesco. Sempre su cross proveniente da tiro d’angolo ci prova anche van de Kerkhof. Al minuto cinquantatré Cruyff sfugge sulla fascia all’attenta marcatura di Vogts, subisce fallo e calcia la punizione; van Hanegem, decentrato e piuttosto libero, ha una grande opportunità di testa, ma la conclusione è debole. Rep è anticipato di un soffio da Breitner a un metro dalla linea di porta. Poi, per una decina di minuti, gli olandesi allentano la pressione. Nel frattempo, però, avrebbe segnato di nuovo la Germania Ovest. Sì perché su lancio di Grabowski, Muller (sempre lui! e meno male che era fuori forma) è scattato in area, bruciando sul tempo il suo diretto avversario, e l’ha messa dentro. Il guardalinee segnala il fuorigioco, l’arbitro annulla e nessuno protesta – ma non c’era il fuorigioco, si vede dalle immagini televisive.
Arriviamo al minuto sessantotto quando Rijsbergen infortunato lascia il campo per de Jong. Dal settantesimo sino quasi alla fine, l’Olanda lancia un assalto continuo, forsennato e disperato. Il ritmo è tremendo e la tensione pure. La difesa tedesca scricchiola. Neeskens ha l’occasione migliore, con un tiro ravvicinato al volo, ma Sepp Maier è ben posizionato e chiude lo specchio. Tocca allora a de Jong, il portiere blocca il tiro, e a van de Kerkhof, che sparacchia fuori da buona posizione. Su cross da destra di Suurbier, scappato via, Rep sfiora la deviazione vincente, ma è in ritardo di un attimo. Ancora Rep, sempre sulla destra, la fascia dove ora gli olandesi sfondano: diagonale, la palla esce di poco. Adesso gli orange meriterebbero davvero il pareggio. La Germania tenta di alleggerire la pressione solo con lanci lunghi per Muller e contropiede. Schon e Michels, inquadrati dalle telecamere, sono sempre seduti sulle panchine – è incredibile come ci riescano –, ogni tanto commentano ma non urlano ai giocatori, un approccio ben diverso da quello odierno.
A tre minuti dalla fine c’è un tiro di Neeskens che va fuori non di molto. È l’ultimo tentativo olandese. L’arbitro fischia la fine senza recupero – all’epoca non si usava, ma non ci sono state particolari perdite di tempo. Gerd Muller si inginocchia al suolo. Gli spalti sono un tripudio di bandiere tedesche sventolanti. La Germania Ovest è campione del Mondo per la seconda volta e Franz Beckenbauer è il primo calciatore ad alzare al cielo la Coppa del Mondo FIFA.
La sera stessa la federazione tedesca organizza, come ovvio, un ricevimento all’hotel Hilton di Monaco per celebrare la vittoria. I neo-campioni del mondo scoprono però che la festa è preclusa alle loro mogli e fidanzate – forse gli organizzatori pensavano di parlare di pallone per tutta la serata. I giocatori, come altrettanto ovvio, non la prendono bene, abbandonano in massa la celebrazione ufficiale e se ne vanno a festeggiare insieme alle proprie compagne in un locale nel centro della città.
Gli olandesi invece tornano a casa colmi di delusione. Si sono presentati alla fase finale di un Mondiale dopo trentaquattro anni e hanno intrapreso uno splendido percorso che li ha portati a sfiorare il titolo, ma è andata male. Ad Amsterdam saranno però accolti come autentici campioni del Mondo da una grande festa popolare. Al termine della finale il telecronista olandese Herman Kuiphof aveva commentato in diretta: “Ci hanno fregati di nuovo”. È chiaro a cosa si riferisce. Ma è solo un’esagerazione dettata dal momento. La guerra non c’è più, è finita, e si può provare a guardare avanti. E per quanto ci piaccia un sacco e sia in grado di farci soffrire da bestia, questo è solo calcio. Meglio così.
Ecco, sulle ragioni della sconfitta dell’Olanda ho già provato a suggerire alcuni motivi, e ancora lo farò. C’è un fatto, però, accaduto al di fuori del rettangolo di gioco che potrebbe aver in parte influito sull’esito della finale. La sera del 30 giugno, dopo la vittoriosa partita contro i tedeschi dell’est, la nazionale olandese si ritrova in albergo a festeggiare il risultato. Guido Frinck è un giornalista del quotidiano locale Suttgarter Nachrichen. Si spaccia per agente di commercio, ottiene una stanza nell’hotel e avvicina i giocatori olandesi. Tre giorni dopo pubblicherà sul giornale il resoconto della serata. Si parla di champagne e della presenza di donne (che non sono però le compagne dei giocatori). La notizia viene ripresa con ampia risonanza anche dalla Bild, quotidiano tedesco ad alta tiratura e di taglio prettamente scandalistico, il quale abbonda nei particolari più piccanti, esagerandoli deliberatamente: ragazze nude in piscina, eccesso di bevande alcoliche, ecc. Arie Haan ricorda: “Johan (Cruyff, nda) ci disse che c’era un grosso problema. Lessi il giornale e fui un poco sorpreso ed un poco confuso. Era la prima volta che avevamo a che fare con questo tipo di giornalismo”3)Chris Hunt, The Story of the 1974 World Cup, Sabotage Times. Si racconta di lunghe telefonate di alcuni giocatori con le proprie mogli e fidanzate parecchio indispettite, e di un clima di tensione soprattutto tra i coniugi Cruyff. Rensenbrink e Rep hanno collegato in modo esplicito il rendimento insufficiente della stella olandese in finale a questo episodio4)Le jour ou… Cruyff aurait trempe dans une orgie, So Foot n. 128 – monografico Cruyff. Quale sia il fondo di verità non è facile dirlo. Subito dopo la pubblicazione dell’articolo e prima della finale, l’Olanda aveva giocato un altro incontro, opposta al Brasile, e aveva vinto. Secondo Rudy Krol l’episodio fu soltanto un classico caso costruito per favorire la squadra di casa e non influenzò la selezione olandese, ben concentrata sulla finale. Ad ogni modo, le immagini di repertorio mostrano Cruyff e la splendida consorte fianco a fianco, sul volo di ritorno, con la signora che consola teneramente il marito. Il titolo mondiale è andato, ma la loro unione ha comunque resistito alle eventuali intemperie, e durerà nei decenni a venire.

In un’ottica di geopolitica del calcio, la Coppa del ’74 è un momento di svolta. Segna l’avvio di un nuovo ciclo storico che sarà marcato in modo deciso dall’alternanza perfetta tra Europa e Sudamerica nelle vittorie del Mondiale e durerà sino all’edizione del 2002. Il ciclo appena concluso (1954 – 1970, ma in realtà il torneo del ’54 è stato a metà strada) ha visto come tratto saliente il predominio del Brasile, tre volte campione in pochi anni. Tra il 1930 ed il 1950 si è invece sviluppato il primo ciclo storico dei Mondiali di calcio, caratterizzato dal dominio di Uruguay e Italia.
Tre semifinaliste su quattro del Mondiale tedesco, e sei tra le prime otto, sono europee. È indice della buona salute del calcio del vecchio continente. Una formazione entra fra le prime quattro al mondo per la terza edizione consecutiva – non era mai accaduto – ed è la Germania Ovest. La nazionale tedesco occidentale raggiunge nel 1974 il vertice del suo grande e lungo ciclo aureo che inizia nel 1954 e terminerà solo nel 1990. In questo periodo raccoglie tre titoli mondiali, tre finali e tre semifinali, un bottino strepitoso. La formazione campione nel 1974 è anche all’apice di un ciclo vincente più ridotto ma che coinvolge bene o male la stessa generazione di giocatori. È iniziato con il Mondiale messicano, è proseguito con il titolo europeo del 1972 e si concluderà con un altro campionato europeo, quello del 1976, nel quale i tedeschi occidentali sono secondi alle spalle della sorpresa Cecoslovacchia. Un allenatore, una squadra e una generazione veramente grandiosi.
Il campionato del Mondo 1974 significa essenzialmente Germania Ovest e Paesi Bassi, senza nulla togliere ad altre interessanti formazioni che hanno dato lustro al torneo, in primis la Polonia. Tedeschi ed olandesi hanno espresso il massimo del calcio rintracciabile a livello mondiale. Si può dire che le due nazionali abbiamo messo in campo le loro migliori selezioni di sempre. Spesso, nel ricordare quell’edizione, si cita l’esperienza degli orange e del calcio totale. È corretto, ma incompleto. Il confronto fra le due formazioni, quella tedesca occidentale e quella olandese, ha esaltato entrambe, determinando una finale così intensa e ammirata.
In molte occasioni, tanto da farlo diventare un luogo comune calcistico, si è sostenuto che il limite dell’edizione 1974 fu la squadra che alla fine si laureò campione: doveva essere l’Olanda, anziché la Germania Ovest, perché lo meritava maggiormente in virtù di quanto mostrato in campo. Non sono d’accordo. Il calcio è contare i gol – non soltanto, altrimenti sarebbe parecchio noioso, ma in ultima analisi è questo. La Germania ne ha fatti due e l’Olanda uno, punto. Voglio dire, il titolo non è stato assegnato ai voti, ma le due squadre sono scese sul terreno di gioco, quel sette di luglio, undici contro undici e per novanta minuti. Che altro serve? Certo, la Germania Ovest giocava in casa, ed è stato un vantaggio non indifferente. Rimane comunque un elemento inevitabile nella forma organizzativa da sempre utilizzata per la fase finale della Coppa – nel lotto delle partecipanti, una squadra gode necessariamente di tale privilegio. E d’altronde, più volte si è verificato che la nazionale del paese ospitante, seppur in grado di puntare alla vittoria, venisse sconfitta: la nazionale brasiliana nel 1950 e nel 2014; quella italiana nel 1990; i tedeschi nel 2006. Ciò che intendo sottolineare, e la finale del ’74 costituisce un dato paradigmatico in merito, è come nel calcio possa prendere forma una famosa frase di Hegel, ai sensi della quale ciò che è reale è razionale. Il risultato di un incontro è la realtà. Ha una sua ragione d’essere nel fatto che le due formazioni, o in generale tutte le formazioni che partecipano a un torneo, si sono sfidate sul campo. Non c’è modo migliore per determinare la superiorità di una squadra e il resto sono opinioni, per quanto interessanti.
Nel breve lasso di tempo del torneo iridato, con ogni probabilità, l’Olanda è arrivata al massimo della condizione troppo presto. La partita con l’Argentina ha rappresentato l’apice del torneo degli olandesi, poi è stata una lenta discesa, le partite successive lo dimostrano. Questo non ha comunque impedito agli orange di arrivare in finale con pieno merito e come favoriti. Ma non era sufficiente per superare i tedeschi. La Germania Ovest è partita in sordina nel girone della prima fase e poi è progressivamente cresciuta. La partita migliore l’ha giocata proprio in finale, nella quale si è presentata senza complessi né timori reverenziali al cospetto degli olandesi, tanto esaltati dagli addetti ai lavori. I tedeschi hanno saputo rimboccarsi le maniche dopo l’immediato svantaggio, così scioccante per il modo con il quale si è prodotto; è stato un segnale di solidità mentale, oltre che di grande esperienza. E nonostante ciò, o forse proprio a causa della rete realizzata, l’Olanda ha regalato un tempo della finale agli avversari. I tedeschi sono riusciti a trarne vantaggio e a segnare un gol in più. È bastato per conquistare il Mondiale. L’Olanda ha infatti prevalso nel corso del secondo tempo, ma non è stata in grado di concretizzare questo dominio. Anzi, ricordiamo che un’ulteriore rete l’hanno infilata i tedeschi, ed è stata annullata per fuorigioco inesistente.
Anche il paragone tra l’Olanda e la grande Ungheria degli anni cinquanta – squadra vincente, spettacolare e innovativa, favorita ma sconfitta anch’essa in finale ai Mondiali dalla Germania Ovest – ci sta e non ci sta. I magiari arrivarono alla Coppa del Mondo 1954 imbattuti da due anni e forti del titolo olimpico. Furono la prima squadra non britannica a imporsi a Wembley sugli inglesi, per sei a tre, e nella rivincita a Budapest li umiliarono con un inappellabile sette a uno. Persero la finale di Berna in virtù di tutta un serie incredibile di coincidenze sfavorevoli: l’infortunio di Puskas, che scese in campo ma non al massimo; l’impegnativo quarto di finale contro il Brasile; i supplementari nella durissima sfida contro l’Uruguay in semifinale; una banda musicale attiva sotto l’albergo la sera prima della finale, l’autobus che sbagliò strada e arrivò allo stadio poco prima del fischio d’inizio, il campo allentato dalla pioggia, un gol regolare annullato, tre pali, le cavallette! – sembra un po’ l’elenco recitato da John Belushi a Carrie Fisher che gli punta addosso un pistola in The Blues Brothers (1980). Vale poi quanto sopra, le due squadre si confrontarono sul campo da gioco e la Germania Ovest segnò un gol in più (salvo fossero vere le accuse di doping, mai veramente provate, rivolte ai tedeschi).
L’Olanda del ’74 non è arrivata al Mondiale con lo stesso curriculum della grande Ungheria, e, volendo dirla tutta, neppure al livello della stessa Germania Occidentale. Nel corso degli Europei del 1972 gli orange erano stati eliminati subito, nel girone di qualificazione, per mano della Jugoslavia. Abbiamo visto come la qualificazione al Mondiale sia stata ottenuta solo grazie alla differenza reti. Si deve anche aggiungere, nel raffrontare bene i Paesi Bassi degli anni settanta e l’Ungheria di venti anni prima, come sia stato particolarmente diverso il peso della nazionale all’interno dei rispettivi movimenti calcistici: nel primo caso, prevalevano gli interessi dei club; nel secondo, le squadre di club erano funzionali alla selezione nazionale.
Però. Non è un caso se così spesso, nell’elencare le migliori formazioni della storia del gioco, compaiano ai vertici sia l’Ungheria del ’54 che l’Olanda del ’74. Sono squadre che hanno prodotto un avanzamento a livello tattico del calcio. Sono squadre capaci di far innamorare i tifosi per lo spettacolo che hanno mostrato in campo. In questo si assomigliano e per tale ragione il ricordo dell’Arancia Meccanica resiste così a lungo nel tempo. È vero, nessun calcio è davvero totale se privo di vittoria. Ma è stato fantastico lo stesso.
4 ottobre 2018
References
1. | ↑ | Sandro Bocchio, Giovanni Tosco, Storia dei Mondiali di calcio, Società Editrice Internazionale, 2014 |
2. | ↑ | Miguel Delaney, Paul Breitner – How a Bayern Munich defeat paved the way for West Germany’s 1974 World Cup triumph, The Blizzard n. 17 |
3. | ↑ | Chris Hunt, The Story of the 1974 World Cup, Sabotage Times |
4. | ↑ | Le jour ou… Cruyff aurait trempe dans une orgie, So Foot n. 128 – monografico Cruyff |