Quindi, da una parte ci sono gli olandesi. Dall’altra parte, invece, i padroni di casa tedeschi occidentali, in quello che risulta il girone tutto europeo. La seconda finalista del Mondiale sarà una di queste quattro nazionali: Germania Ovest; Jugoslavia; Svezia; Polonia. È un girone equilibrato, fatto di partite intense e combattute. Autentiche battaglie calcistiche. Inoltre: si affrontano solo nazionali europee e dalla fine della guerra sono passati neanche trent’anni. Siccome siamo in Germania, e siccome trent’anni da un evento come il secondo conflitto mondiale non sono poi così tanti, il ricordo della guerra è necessariamente presente, anche se si parla di sport. Come un fantasma che si aggira sui campi da calcio.
La formazione tedesco occidentale, nella prima partita del girone di semifinale, affronta la Jugoslavia. Gli slavi del sud hanno vinto il girone della prima fase, un girone sicuramente non facile. Dopo il pareggio iniziale con il Brasile e la goleada inflitta allo Zaire, la Jugoslavia ha pareggiato uno a uno con la Scozia. Quindi: Jugoslavia, Brasile e Scozia chiudono il girone a pari punti, ma i britannici sono fuori a causa della peggior differenza reti, pagando così a caro prezzo il margine ristretto ottenuto nella vittoria sugli zairesi. La Jugoslavia è una valida compagine con l’aggiunta fra i propri ranghi di un vero e proprio fuoriclasse, Dragan Dzajic. È un’ala sinistra e si è mostrato al mondo giocando un grandissimo Europeo nel 1968, quando la Jugoslavia si è arresa solo in finale di fronte all’Italia padrona di casa. Per partecipare alla fase finale della Coppa, la Jugoslavia è passata attraverso uno spareggio, contro la Spagna (terminata a pari punti nel girone di qualificazione pre-mondiale) e vinto per uno a zero.
A Dusseldorf è una bella giornata di sole – evento abbastanza raro in questo torneo. La Germania Ovest parte forte e crea diverse occasioni da gol. Segna verso la fine del primo tempo grazie a una botta da fuori di Breitner: riceve poco oltre la trequarti, scarta un avversario, ne evita un secondo e infila l’angolino alla destra del portiere. Un gran gol. Paul Breitner è uno degli esterni difensivi più forti della storia del gioco. È dotato di ottima tecnica e grandi capacità in entrambe le fasi, difensiva ed offensiva. Del suo soprannome politico si è già detto; l’altro soprannome è Afro, per via della capigliatura. Sino al ’74 ha fatto le fortune del Bayern Monaco come molti suoi compagni di nazionale, poi passa al Real Madrid. Non è il primo gol che segna – d’altronde da ragazzo ha iniziato come attaccante. Soprattutto, non sarà l’ultimo. Verso la fine dell’incontro raddoppia Gerd Muller con il suo tipico stile da opportunista: anticipa un difensore e la mette in rete, quasi sdraiato a terra. Sinora l’attaccante non ha disputato un gran Mondiale, ma tenta di riprendersi. Per la mannschaft la convincente vittoria sugli slavi è una notevole iniezione di fiducia.
La nazionale svedese sta portando avanti un buon Mondiale. Anche la Svezia è giunta alla fase finale grazie a uno spareggio: ha infatti battuto l’Austria, una nazionale dal grande passato e in fase ascendente. Nel girone di semifinale, nel primo turno, la Svezia ha affrontato la Polonia. Gli scandinavi sono usciti sconfitti uno a zero, ma la partita è stata molto combattuta, bella, con diversi capovolgimenti di fronte. In quell’incontro la Svezia ha anche fallito un rigore, con Edstroem: il tiro era a mezza altezza, ma angolato e forte; il portiere polacco Tomaszewski ha compiuto una gran parata. La Svezia ha due attaccanti pericolosi, Torstensson del Bayern Monaco ed il giovane Edstroem, del PSV Eindhoven. Schiera inoltre un buon portiere, Hellstrom. La partita tra Svezia e Germania Ovest sarà senza dubbio la più divertente dell’intera manifestazione.
Il clima è tipicamente autunnale, piove e c’è vento. La Germania, in completa tenuta verde, assume il controllo della gara e sfiora il vantaggio con Bonhof. Altra occasione per Muller, solo davanti al portiere, ma palla alta; ancora altre due buone possibilità per Muller, che non è proprio in giornata e fallisce il gol. Allora segna la Svezia. Tiro al volo di Edstroem, non irresistibile, ma entra. Secondo tempo: i tedeschi, in svantaggio, vanno all’attacco. Dopo un’ottima respinta di Hellstrom su botta di Beckenbauer, Overath impatta. Passa un niente e Bonhof, autore di una grande partita, realizza il due a uno. Sembra fatta per i padroni di casa, ma la Svezia non molla, ha ancora la forza di rendersi pericolosa e addirittura pareggia! Germania Ovest per forza in avanti e al minuto settantasette arriva il gol di Grabowski, su palla lavorata molto bene da Muller in area. Tre a due. Poi ancora Hoeness, su rigore, fissa il definitivo quattro a due per la Germania Occidentale. L’entusiasmo sale. La nazionale tedesca è in grande crescita, ha superato una prova decisamente ostica, ed ha ormai di fronte a sé solamente un serio ostacolo sulla via della finale mondiale. La Polonia.
L’ultima volta che la nazionale est europea è stata ai Mondiali correva l’anno 1938 ed i confini del paese erano parecchio diversi dagli attuali. In quell’edizione della Coppa del Mondo, la Polonia disputò una sola partita, contro il Brasile negli ottavi di finale. Si giocò a Strasburgo in un acquitrino a causa di un forte diluvio che inondò il campo nel corso del secondo tempo. La Polonia perse 6 a 5 (sei a cinque, non è un errore, al novantesimo stavano quattro pari) ai supplementari, ma fu protagonista di una della partite più drammatiche della storia dei Mondiali. L’attaccante polacco Ernest Willimowski segnò quattro gol. Dopo l’invasione nazista della Polonia, Willimowski ottenne la cittadinanza e accettò di giocare con la maglia della nazionale tedesca, sotto l’insegna della croce uncinata. Resterà in Germania anche dopo la guerra. Ai polacchi invece, durante l’occupazione, non era permesso praticare né il calcio, né altri sport. Nel corso della guerra la madre di Willimowski venne deportata ad Auschwitz poiché aveva una storia d’amore con un ebreo russo. Sotto il regime nazista questo non era lecito; era un crimine efferato, definito “vergogna razziale”. Fa star male solo a pensarci, ma questa è stata l’Europa neanche molti anni fa. La donna sopravvisse al campo di sterminio, pare grazie all’intervento del figlio.
Dopo quell’unica, seppur gloriosa, esperienza ai Mondiali, la Polonia ripiomba per parecchio tempo nell’anonimato calcistico. Poi all’inizio degli anni settanta, una grande generazione di giocatori e un tecnico molto intelligente conducono la nazionale biancorossa ai vertici del calcio mondiale. Sono anni turbolenti, quelli, per la Repubblica Popolare di Polonia. Nel marzo 1968 scoppia una rivolta studentesca. Nel inverno del ’70, nelle aree industriali del nord, esplode la protesta operaia. Ci sono cortei, scioperi, duri scontri con la milizia. Ci sono morti lungo le strade. I lavoratori pagano la lotta con il sangue e la galera, ma ottengono un cambio ai vertici del regime. La situazione generale migliora. Gli anni tra il ’71 ed il ’75 consegnano ai polacchi un buon periodo, le condizioni economiche sono più accettabili e c’è un allargamento delle libertà civili. Sono gli stessi anni nei quali la nazionale di calcio spicca il volo. Ma in breve gli effetti della crisi petrolifera mondiale si estendono anche alla Polonia, e nel 1976 riesplode la protesta operaia e riesplode la repressione politica.
L’allenatore della Polonia è Kazimierz Gorski. Assume la guida della nazionale nel 1971. L’anno seguente conduce a sorpresa la squadra a conquistare la medaglia d’oro alle Olimpiadi, e nel 1976 sarà argento. Costruisce un solido rapporto con i giocatori fatto di stima e rispetto. Crea una comunità. La sua Polonia gode di una splendida condizione fisica e gioca un calcio moderno, veloce, ma è una formazione solida in difesa e con compiti ben definiti in campo. Come spesso è accaduto alle squadre dell’est socialista, è il collettivo che emerge e si impone, benché non manchino i talenti individuali. In difesa, disputa un Mondiale di alto livello l’esterno destro, Szymanowski. Inizia a farsi conoscere il giovane Zmuda, centrale. Kazimierz Deyna, fine e talentuoso regista di centrocampo, è la mente della squadra, il giocatore più importante. In attacco, sulle fasce, ci sono due grandi interpreti: Robert Gadocha a sinistra, e Grzegorz Lato a destra. Lato è un giocatore molto veloce, ma è indisciplinato, con scarsa voglia di allenarsi. È spelacchiato, non molto alto, ha due occhi intensi ed una particolare inclinazione per le burle. In nazionale non ha mai combinato granché. Gorski si fida poco di lui e lo schiera di malavoglia. Ma Lato gioca un Mondiale superbo, mettendo in mostra fantasia e grandi doti da realizzatore. Alla fine della manifestazione sarà capocannoniere con sette reti. E ancora, la Polonia ha la possibilità di schierare fra i pali un portiere lunatico, burbero, imprevedibile, ma capace di autentici miracoli. Si chiama Jan Tomaszewski, e se la nazionale polacca arriva alla fase finale del Mondiale, lo deve parecchio proprio a lui.
Per le qualificazioni ai Mondiali tedeschi la Polonia è sorteggiata assieme a due britanniche, Galles ed Inghilterra. Il Galles non è un avversario temibile, ma riesce comunque a imporsi sui polacchi a Cardiff. L’Inghilterra è invece una gran squadra, seppur al termine di un ciclo, ed è nettamente favorita per la vittoria nel girone. Vengono però sorpresi dalla Polonia nella sfida di Chorzow, nel giugno del ’73. La Polonia va subito in vantaggio con Gadocha e raddoppia con Lubanski, abile a sottrarre la palla dai piedi di Bobby Moore e ad involarsi da solo verso la porta inglese. Lubanski è un bell’attaccante. A pochi minuti dal termine una dura entrata di Ball gli rompe il ginocchio. Starà fuori dai campi da gioco per due anni, saltando così i Mondiali tedeschi, dove verrà sostituito da Szarmach.
L’incontro di ritorno è in programma allo Stadio di Wembley, Londra, il 17 ottobre del 1973. Un muro umano affolla gli spalti dello stadio e produce un tifo assordante, di stampo sudamericano. Sarà una sfida di grande impatto. Sarà la partita dei portieri. Alla Polonia è sufficiente un pareggio per approdare ai Mondiali. L’Inghilterra parte all’attacco, preme, schiaccia gli intimoriti avversari. Sullo zero a zero Tomaszewski sfodera almeno tre interventi enormi. Brian Clough, l’allenatore inglese, in diretta televisiva irride lo stile poco ortodosso del portiere polacco definendolo un clown1)Jonathan Wilson, Behind the curtain – Travels in Eastern Europe football, Orion Books, 2006 – in futuro si scuserà. Ma non c’è davvero niente male a essere un clown. Un pagliaccio esercita l’attività più bella del mondo, cioè far ridere la persone. E quella sera a ridere sono i polacchi. All’inizio del secondo tempo la Polonia avvia un contrattacco: Domarski riceve palla in area, controlla e scocca un tiro, basso, non forte né troppo angolato. Shilton è sulla palla. Shilton è il portiere che ha sostituito il grande Gordon Banks sia al Leicester che in nazionale. Chiuderà la carriera con centoventicinque presenze per le bianche casacche, un record. Si abbassa, tenta di fermare la sfera, ma questa gli passa sotto il corpo ed entra in rete. L’Inghilterra è sotto e inizia a spingere ancora di più. Si vede annullare un gol, poi l’arbitro fischia a favore dei britannici un rigore piuttosto generoso. Clarke va sulla palla. Dall’altra parte del campo Shilton si inginocchia e guarda la curva alle sue spalle. Gol, uno a uno. Nei minuti finali è un assedio e la Polonia in due occasioni salva la propria rete con interventi sulla linea. Termina in parità. L’Inghilterra per la prima volta è fuori dalla Coppa da quando ha deciso di parteciparvi, nel 1950. È l’ultima partita sulla panchina inglese di Alf Ramsey, il tecnico che a portato l’Inghilterra al titolo mondiale del ’66. Dirà Tomaszewski: “Della partita non ricordo quasi nulla. Durante l’incontro c’era un tale rumore che stavamo impazzendo tutti. Con centomila tifosi che urlavano per l’Inghilterra, non riuscivamo a sentire nemmeno i nostri stessi pensieri, infatti mi resi conto che era accaduto qualcosa di speciale soltanto mentre ero sotto la doccia, dopo la partita. Ero sotto l’acqua, quando il vicepresidente della federazione calcistica polacca, Mykłoska, mi piombò addosso tutto vestito per abbracciarmi”2)Jonathan Wilson, Il portiere, Isbn Edizioni, 2013. Tomaszewki sarà per sempre l’Eroe di Wembley.

Il ritorno alla fase finale di un Mondiale vede la Polonia opposta alla selezione argentina. I polacchi vincono tre a due ma dominano il confronto ben oltre il risultato. Vanno sul due a zero, prendono due pali, poi rischiano nella ripresa. Dopo aver sconfitto Haiti, la Polonia è già certa della qualificazione al girone di semifinale. Resta la partita contro l’Italia, la quale invece il passaggio del turno dovrebbe ancora guadagnarselo. Basterebbe un pareggio. Ci sono diversi aneddoti, peraltro senza alcuna certezza, su tentativi di combine tra le due squadre e su espliciti inviti rivolti dagli italiani ai polacchi al fine di dividersi la posta senza dannarsi troppo. L’Italia gioca anche un buon calcio, spinta sugli esterni da Mazzola e Causio, ma latita in attacco. La Polonia è implacabile. Al trentottesimo segna Szarmach. Allo scadere del primo tempo raddoppia Deyna con un fantastico tiro di contro balzo dal limite. Nel pomeriggio di Stoccarda finisce due a uno per i polacchi.
È il crepuscolo della grande generazione azzurra capace di vincere l’Europeo del ’68 e di giocarsi in finale il titolo mondiale solo quattro anni prima in Messico. È anche l’epilogo di una spedizione mal gestita, con la selezione divisa in fazioni e gravata da eccessivi personalismi, per quanto fosse una squadra comunque di un certo spessore. Gli azzurri hanno una differenza reti peggiore rispetto all’Argentina, con la quale hanno pareggiato uno a uno. Una partita di poco conto nel bilancio di questo Mondiale, Italia – Argentina. Nessuno al momento può saperlo, ma avvia però una serie di cinque sfide consecutive fra le due nazionali che segnerà la storia della Coppa negli anni a venire. Italia eliminata, quindi, e sonoramente contestata dai tifosi emigranti in terra tedesca, prima di ritornare a casa, dove i giocatori sono scortati dalle forze dell’ordine appena toccano il suolo patrio e condotti via dall’aeroporto. Winston Churchill l’aveva detto: “Gli italiani perdono le guerre come se fossero partite di calcio, e le partite di calcio come se fossero guerre”.
Siamo al girone di semifinale, i polacchi hanno regolato l’arcigna Svezia e devono affrontare la Jugoslavia, priva di Dzajic causa infortunio. Il vantaggio della Polonia avviene su rigore, uno dei più assurdi nella storia della competizione: la palla è stata appena recuperata dagli jugoslavi quando poco più indietro, in piena area, Karasi fa uno sgambetto del tutto inutile ad un avversario. L’arbitro è lì di fronte e assegna il penalty. Il giocatore jugoslavo si fa perdonare infilando il gol del momentaneo pareggio. Nel secondo tempo Lato, di testa, marca il due a uno finale. In questo modo la sorpresa Polonia ha raggiunto un traguardo insperato alla vigilia, cioè giocarsi la finale del campionato del Mondo, contro la Germania Occidentale.
Il Waldstadion di Francoforte diventa il teatro di un’epica battaglia calcistica. È il 3 luglio del 1974. Ha piovuto tanto e c’è forte il rischio di un rinvio. L’organizzazione tedesca si mette di impegno e con rulli e pompe rende il terreno praticabile – più che altro passabile. Ma il campo è notevolmente allentato, soprattutto lungo tutta una fascia, almeno all’inizio. Il fischio di avvio viene dato con quasi un’ora di ritardo sul programma. Entrambe le squadre sono a punteggio pieno ma la differenza reti favorisce i tedeschi, ai quali è sufficiente pareggiare per raggiungere la finale. Le formazioni. Germania Ovest (tutta in bianco) con Maier tra i pali; Vogts, Schwarzenbeck, Beckenbauer e Breitner in difesa; Bonhof, Overath, Hoeness a centrocampo; Grabowski, Muller, Holzenbein in attacco. Polonia (tutta in rosso): Tomaszewki; Szymanowski, Musial, Zmuda, Gorgon; Kasperczak, Deyna, Maszczyk; Lato, Domarski, Gadocha. Manca Szarmach, si è infortunato nel corso della partita precedente.
Partiti. Un timido sole fa capolino a vedere che succede lì sotto. La Polonia è aggressiva e per circa mezzora mette alle corde l’avversario. Gadocha, che sfodera una gran prestazione, su punizione costringe Maier a togliere il pallone dall’angolino della porta. Maier sfodera altri due grandi interventi: Lato e di nuovo Gadocha, nel corso della stessa azione, si presentano a tu per tu con il portiere tedesco, pronti a ribattere a rete, ma i loro tiri sono respinti. Meriterebbero il vantaggio, i polacchi. La Germania Ovest barcolla, fa muro, ma progressivamente cresce.
Nel secondo tempo il cielo torna a incupirsi. Riprende a piovere e sul finire dell’incontro il terreno di gioco è per buona parte simile a una pozza melmosa. La Germania Occidentale assume il controllo delle operazioni, sotto la guida di Beckenbauer e Overath. Breitner avanza il suo raggio di azione. Al 53′ Holzenbein si inserisce in area, da sinistra, in diagonale. Salta un uomo, ne affronta un secondo, Zmuda, il quale, in ritardo, è costretto a stenderlo. Calcio di rigore. Si incarica del tiro Hoeness. Calcia sulla destra non molto angolato, Tomaszewski intuisce e respinge – secondo rigore parato dal portiere polacco dopo quello contro la Svezia. A questo punto le azioni diventano continue. La Polonia, benché meno efficace rispetto alla prima frazione, cerca la via del gol. La Germania non sente il contraccolpo dell’errore dal dischetto. Evita di chiudersi, replica con efficacia e a circa quindici minuti dalla fine, passa in vantaggio. Beckenbauer lancia Holzenbein che, per vie centrali, libera Bonhof; palla a Gerd Muller, abbastanza solo in area. L’attaccante tedesco finta di andare sulla destra, temporeggia giusto quel secondo necessario per disorientare il portiere ed evitare il ritorno dei difensori, e incrocia di destro. Sotto nel punteggio, la Polonia è adesso ammirabile nella spinta per tentare un disperato ribaltamento del risultato. Grazie ad un’azione molto ben manovrata, Kmiecik (appena entrato) scocca un tiro forte e teso dal centro dell’area. Maier si tuffa sulla propria sinistra e compie una parata straordinaria, tanto che Beckenbauer non può esimersi dall’abbracciarlo per congratularsi. Uno a zero a favore dei tedeschi occidentali. È la finale per i padroni di casa, che hanno superato un avversario di eccellente valore.
4 ottobre 2018
immagine in evidenza: Germania Ovest – Polonia, Tomaszewski para il rigore di Hoeness – storiedicalcio.altervista.org
References
1. | ↑ | Jonathan Wilson, Behind the curtain – Travels in Eastern Europe football, Orion Books, 2006 |
2. | ↑ | Jonathan Wilson, Il portiere, Isbn Edizioni, 2013 |