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Corea/Giappone, 2002
VIII. Parata di stelle

L’ultima testimonianza che la Coppa del ’98 ci ha offerto su un protagonista assoluto di quel campionato, cioè Ronaldo, è l’impressionante e impietosa immagine del suo ritorno in patria mentre scende dalla scaletta dell’aereo, barcollante, aggrappato al corrimano e visibilmente provato dal misterioso malore che l’ha colpito poche ore prima della finale poi persa1)Vedi infra Francia, 1998: VIII. Zidane vola, Ronaldo collassa, e la Francia è campione. Quella triste scena rappresenta idealmente l’avvio di un autentico calvario per il Fenomeno. Nella stagione successiva il suo rendimento risulterà in calo, salvo un’ottima Coppa America con la selecao, a causa di una serie di problemi fisici poi deflagrati in maniera tragica nei mesi a venire: durante Inter – Lecce del novembre 1999 subisce la lesione al tendine rotuleo del ginocchio destro; torna in campo mesi dopo per la finale di Coppa Italia, gioca sei minuti e si infortuna allo stesso ginocchio con la rottura definitiva del tendine. Ronaldo salta quindi una stagione e quella successiva si chiude con le sue lacrime sul prato dell’Olimpico di Roma, mentre l’Inter all’ultima giornata di campionato sta perdendo un titolo considerato come già vinto, a favore della Juventus.

Non a tutti si presenta una seconda occasione nella vita. A Ronaldo sì ed è bravo a non lasciarla sfuggire: Francia ’98 è stato il suo capolavoro incompiuto, Corea/Giappone 2002 sarà il suo capolavoro compiuto, pur non eguagliando il livello delle prestazioni mostrato quattro anni prima. Ronaldo si laurea capocannoniere del torneo con otto reti, un record dal 1970 a questa parte – anzi, dal 1978 nessuno ha mai segnato più di sei gol nella fase finale del Mondiale, e lo stesso vale per le edizioni successive, 2018 inclusa. A fine anno riceve il suo secondo Pallone d’Oro. Dopo il Mondiale passa al Real Madrid, vince il titolo spagnolo e la classifica marcatori della Liga, ma ormai il più è stato fatto e si avvia verso il declino sportivo. Giocherà il Mondiale del 2006, durante il quale riesce a battere lo storico record di Gerd Muller di gol complessivi segnati in Coppa (quindici, poi a sua volta superato da Klose). Chiude con sessantadue gol in verdeoro, secondo solo a Pelè. Ronaldo è stato davvero uno dei più grandi di sempre.

Rivaldo (del Barcellona, dall’anno dopo al Milan) gioca un Mondiale superbo con cinque reti, due assist e la nomina di migliore in campo in tre partite del Brasile (Turchia al primo turno, Belgio, Inghilterra). Ha un gran piede sinistro, un tiro forte e preciso e la capacità di dribblare, è abile come regista, seconda punta, ala; risulta un po’ trascurato in mezzo a due colossi come Ronaldo e Ronaldinho, ma è protagonista pressoché sempre quando è chiamato in causa dalla sua nazionale. Resta alla storia una sua tripletta contro il Valencia sul finire della stagione 2001. Rivaldo è nato a Recife nel nord-est del paese, una provenienza anomala poiché i grandi calciatori brasiliani hanno quasi sempre origine nel sud. La sua infanzia nella favela è molto povera tanto che la malnutrizione gli provoca la caduta dei denti; a quindici anni perde il padre, assassinato. Forse a causa di queste esperienze diventa un tipo riservato, poco appariscente e molto legato alla famiglia: sostiene che un uomo senza una famiglia non abbia niente dalla vita2)Rivaldo: in the name of the father, FIFA.com e qualcosa di simile lo ha espresso un suo grande connazionale, l’architetto Oscar Niemeyer: “La vita è avere una donna al proprio fianco. Tutto il resto è caso“.

Straordinaria è la coppia di esterni. Marco Evangelista de Moraes, detto Cafu, è fra i più grandi terzini di sempre, un giocatore dotato di forza fisica, resistenza – per Alex Ferguson ha due cuori -, otre a notevole tecnica, insomma completo. Vince ovunque va, San Paolo (dove il suo allenatore Tele Santana lo ha arretrato dalla metà campo alla difesa), Real Saragozza, Roma, Milan e nazionale: due titoli continentali sudamericani e uno europeo con le squadre di club; due Coppe America e due Mondiali con il Brasile, più tutto il resto. Primatista di presenze con la maglia auriverde, nella quale gioca per sedici anni sino al Mondiale 2006, qui in Asia si appresta a diventare il primo calciatore della storia a disputare tre finali di Coppa del Mondo, per altro consecutive.

Sull’altra fascia scorrazza Roberto Carlos, famoso per il suo potente tiro e le sue punizioni, velocissimo; assieme a Cafu rende micidiale la tecnica della sovrapposizione, cioè la capacità di sorpassare la propria ala o il centrocampista che ha la palla sui piedi per dettare l’assist, o portare via l’avversario e aprire spazi. Roberto Carlos conquista tre Coppe dei Campioni con la camiseta del Real Madrid e come Cafu chiuderà la sua carriera in nazionale con il Mondiale del 2006. Veste la maglia della selecao per centoventicinque volte, al momento secondo in assoluto.

Veleggia verso la tripla cifra in nazionale anche la carriera di Lucio, un difensore centrale possente, impeccabile di testa, difficilissimo da superare e nel contempo abile a recuperare palloni. Senza dubbio fra i migliori della sua generazione, per il ct Scolari è un uomo dall’importanza imprescindibile. Bayer Leverkusen, Bayern Monaco e Inter sono le squadre di club in cui lascia il segno.

È sinonimo di calcio e di stile brasiliano, sia nel gioco – dribbling, velocità, assist e gol -, sia nel modo di vivere: sempre sorridente, amante della musica e spesso vestito da rapper, gaudente senza particolari freni. Il suo nome è Ronaldo de Assis Moreira, meglio noto come Ronaldinho. José Miguel Wisnkik, un critico culturale, l’ha definito “il vertice manierista di tutte le curve stilistiche del calcio brasiliano3)Sergio Rodrigues, Ronaldinho, le ciel et la limite, So Foot n. 148 – monografico Ronaldinho; di sé ha detto: “Sono un tipo gioioso, ma altrettanto competitivo. Perderò quando morirò – per cui nell’attesa voglio vincere4)Lea Ruiz, Javier Prieto Santos, “Mes nuits etainet aussi belles que mes jours”, So Foot n. 148 – monografico Ronaldinho. Inizia nel Gremio, la squadra della sua città Porto Alegre, ed è protagonista del Mondiale under-17 giocato in Egitto nel ’97 e vinto. Esordisce in nazionale maggiore a diciannove anni nel 1999; nello stesso anno conquista la Copa America. Ancora molto giovane è fra i migliori interpreti nel Mondiale 2002 con all’attivo due reti e tre assist. L’anno dopo lascia il Paris Saint-Germain per il Barcellona, dove gioca solitamente sulla sinistra, partendo anche da posizioni arretrate e tendendo ad accentrarsi, e dove mostra il meglio: vince due campionati, la Champions del 2006 ed anche il Pallone d’Oro nel 2005. Nel clasico del Bernabeu, novembre 2005, segna due gol di forza e tecnica egualmente straripanti: dopo il secondo Casillas scuote la testa per impotenza e ammirazione, i tifosi madridisti lo applaudono a scena aperta. Real Madrid – Barcellona in quegli anni sta diventando una partita sempre più spettacolare, e attesa anche al di fuori della Spagna.

Poi Ronaldinho si ferma praticamente lì o poco oltre, ormai troppo soddisfatto di quanto raggiunto per impegnarsi a ottenere altro, e nonostante sia ancora nel pieno dell’età agonistica. Delude ai Mondiali 2006; gioca altre due stagioni al Barcellona, la prima ancora di alto livello, la seconda no – mentre altre primedonne stanno emergendo nella squadra appena affidata a Guardiola. L’esperienza successiva al Milan si trascina senza troppe luci, anche a causa di problemi fisici, ma non solo: il talento non basta, serve allenarsi e correre – così sostiene il suo ultimo allenatore in Europa, Allegri, prima che Ronaldinho torni in Brasile. Qui riesce ancora a vincere la Libertadores con l’Atletico Mineiro nel 2013, un trofeo che mancava al suo glorioso palmares. Hanno chiesto a Ronaldinho se c’è qualcosa che non hai mai tentato su di un campo di calcio: “No. Tutto ciò che ho immaginato, l’ho fatto5)Ibidem.

Come valore dei singoli, la selezione brasiliana edizione 2002 può essere tranquillamente paragonata a quella del 1982. Come gioco, no. Non è un Brasile particolarmente bello da vedere, a volte è pure noioso, ma è solido, efficace, e lampi di talento cristallino sprizzano comunque dal valore delle sue stelle, sebbene un po’ con il contagocce. Scende in campo con un 3-4-3 molto flessibile e atipico nel quale due attaccanti su tre – Ronaldinho e Rivaldo – giocano abbastanza accentrati e più arretrati rispetto a Ronaldo, di fatto l’unica punta. Cafu e Roberto Carlos sono quindi schierati formalmente a centrocampo, dove uno dei centrali titolari (Gilberto Silva, l’altro è Kleberson) svolge il lavoro di raccordo tra mediana e difesa. Edmilson e Roque Junior completano il pacchetto arretrato assieme a Lucio, mentre il portiere titolare è Marcos. Fra i sostituti, in difesa è impiegato Anderson Polga, a centrocampo Juninho Paulista, in attacco Denilson ed Edilson. Tredici convocati su ventitré giocano in patria: è un dato in controtendenza rispetto al recente passato, ma l’inversione è solo apparente poiché i più forti giocano all’estero, e fra i dieci stranieri otto figurano nella formazione titolare.

Manca Emerson, centrocampista box to box di grande importanza nella Roma e capitano della selecao: si è infortunato alla vigilia del torneo. Manca altresì Djalminha, il regista del Deportivo La Coruna talentuoso quanto instabile: il ct Scolari lo porterebbe volentieri in Asia e quindi lo invita personalmente a tenersi lontano dai guai; memore del consiglio, poco prima del Mondiale il buon Djalminha molla una testata al suo allenatore di club Irrueta, e così in Giappone e Corea ci va il ventenne Kakà. Curioso poi come il padre di Djalminha, il difensore Djalma Dias mancato nel ’90, giocò tutte le qualificazioni per il Mondiale 1970 ma fu escluso dalla lista dei selezionati per quel torneo, che il Brasile vinse. Magari sarà di buon auspicio. Infine Scolari lascia a casa anche Romario, che ha smesso di convocare sin dalla fase delle qualificazioni.

Queste qualificazioni il Brasile le porta a termine con grande e inusuale fatica, e collezionando altresì un’impressionante sfilza di allenatori sulla propria panchina: alla fine del percorso saranno ben cinque. Il primo è Vanderlei Luxemburgo, ct delle selecao dal ’98 al 2000. Sotto la sua guida il Brasile domina la Coppa America del ’99 vincendo tutte le partite e incassando appena due reti: in finale batte l’Uruguay tre a zero con reti di Rivaldo (centrale nel gioco del ct) e Ronaldo, protagonisti assoluti del torneo. Luxemburgo paga però l’eliminazione ai quarti di finale durante le Olimpiadi di Sidney, una sconfitta patita ai supplementari contro il Camerun e con ben due uomini di superiorità numerica. Nel frattempo è iniziato il girone unico sudamericano di qualificazione al Mondiale, e anche in questo ambito i risultati lasciano un po’ a desiderare: il Brasile batte la forte Argentina ma perde in Paraguay e in Cile (per di più tre a zero).

La panchina quindi è affidata a Candinho che nell’unica partita di qualificazione gestita sconfigge sei a zero il Venezuela. È poi il turno di Santilli, allenatore dei portieri momentaneamente nel ruolo di commissario tecnico in attesa che il designato, Emerson Leao, superi un periodo di sospensione. In quel momento il Brasile batte la Colombia uno a zero a San Paolo con un gol di Roque Junior nei minuti di recupero, una vittoria che a giochi fatti si rivelerà decisiva per tutto il percorso. Portiere dei verdeoro nei Settanta, Emerson Leao mantiene il lavoro di ct per soli tre mesi nel corso del 2001 con esiti fallimentari: due vittorie, quattro pari, tre sconfitte, e nelle qualificazioni mondiali perde in Ecuador e pareggia in casa con il Perù. La federazione lo esonera e nel luglio 2001 ingaggia al suo posto Luiz Felipe Scolari detto Felipao. Sarà finalmente l’uomo giusto.

Pragmatico, duro, poco incline al bel gioco ma vincente, Scolari è un protagonista del calcio mondiale in quegli anni e tocca la vetta della sua esperienza come allenatore proprio con la selezione brasiliana del 2002. Ha già messo in bacheca un paio di Coppe Libertadores: la prima con il Gremio nel ’95; la seconda quattro anni dopo con il Palmeiras dove militano Marcos in porta e Roque Junior in difesa, al culmine di un periodo d’oro per i club brasiliani nel quale hanno conquistato sei volte il titolo nelle ultime otto edizioni del trofeo. Nelle due stagioni successive il Palmeiras di Scolari raggiungerà finale e semifinale della Coppa, sconfitto in entrambe le occasioni dal Boca Juniors di Bianchi, e sempre ai rigori. Sotto la gestione Scolari, però, almeno all’inizio le difficoltà della nazionale brasiliana non scompaiono. L’esordio si risolve in una sconfitta, in Uruguay, una partita sempre valida per l’accesso al Mondiale. La Coppa America del 2001 è poco indicativa, e poi nel corso dei cinque incontri che chiudono il girone di qualificazione il Brasile mette insieme tre vittorie e ancora altre due sconfitte. Il serrato finale vede la nazionale brasiliana chiudere al terzo posto del girone, a pari merito con Paraguay e tre punti sopra Uruguay (destinato allo spareggio intercontinentale) e Colombia, eliminata. Per il Brasile è la peggior qualificazione mondiale di sempre.

Le amichevoli brasiliane dell’anno mondiale 2002 sono dominate: sei gol alla Bolivia e all’Islanda, quattro alla Malaysia, vittorie su Arabia Saudita e Jugoslavia; termina però uno a uno la sfida con il Portogallo, ovvero l’unico vero incontro impegnativo affrontato prima del Mondiale. È fra le favorite il Brasile, ma più per blasone (recente e storico) e per talento dei singoli, che in virtù di reali potenzialità mostrate sul campo. E invece, una volta sbarcati in Estremo Oriente, Scolari riuscirà a trasformare l’incerta, traballante selecao delle qualificazioni in una macchina vincente.

Brasile – Turchia, conclusione di Ronaldo – imdb.com

La strada brasiliana sino alla finale del Mondiale 2002 è aperta e chiusa dalle sfide contro la nazionale turca. In mezzo, due partite piuttosto agevoli (Cina e Costa Rica) più altre due decisamente impegnative (Belgio e Inghilterra).

Dopo la non semplice affermazione nella gara d’esordio, il Brasile offre una prestazione di dominio assoluto contro la Cina: vantaggio con sassata su punizione di Roberto Carlos, raddoppio di Rivaldo su cross dall’area di Ronaldinho, terzo gol su rigore (fischiato per fallo su Ronaldo) trasformato da Ronaldinho, e così si chiude la prima frazione. Poi nel secondo tempo Cafu scende sulla fascia, palla in mezzo e gol di Ronaldo per il definitivo quattro a zero. È di nuovo dirompente il Brasile nella prima frazione di gioco che lo vede opposto alla Costa Rica, tanto che dopo trentotto minuti è già sul tre a zero: doppietta di Ronaldo, poi spettacolare rovesciata a rete di Edmilson. I centroamericani accorciano subito con Wanchope e poi al decimo della ripresa, sfruttando il rilassamento dei brasiliani, segnano il due a tre grazie a Gomez. La selecao si ridesta e le reti di Rivaldo e Junior fissano il risultato finale (cinque a due), ma oltre ai due gol i costaricensi hanno avuto diverse occasioni per segnare, centrando altresì due pali. In attacco il Brasile pare inarrestabile, in difesa talvolta balla un po’ troppo ma senza drammatizzare. In ogni caso, questo inizio di torneo decisamente semplice gioverà parecchio alle energie dei brasiliani, e forse anche alla consapevolezza dei propri mezzi.

La partita decisiva per la qualificazione dei belgi agli ottavi è l’ultima del girone, contro i russi. Il Belgio viene da due risultati di parità con Giappone e Tunisia (e in totale sono cinque i pareggi ottenuti nelle ultime cinque gare di Coppa); la Russia ha perso con i giapponesi ma vinto con la compagine nordafricana, e pertanto può accontentarsi di un pareggio. Dopo pochi minuti di gioco il Belgio passa avanti su tiro di punizione calciato da Walem. C’è poca Russia nel primo tempo e i belgi potrebbero anche raddoppiare in un paio di occasioni, ma nella seconda frazione i russi entrano in campo con tutt’altro spirito. Settimo minuto: discesa di Khokhlov, assist per Sichev che tira ma respinge in uscita il portiere belga De Vlieger, e poi Bestschastnykh ribadisce in rete. Uno a uno. La partita diventa intensa ed equilibrata sino al nuovo vantaggio belga realizzato con un colpo di testa di Sonck (entrato al posto di Mpenza) su angolo di Walem. Pochi minuti e Wilmots segna il terzo gol belga, poi è il turno di Sichev per la Russia, su assist di Kersiakov. Belgio – Russia finisce tre a due.

E si comincia a fare davvero sul serio nella sfida contro il Belgio, sicuramente più di quanto i brasiliani si aspettino. I diavoli rossi sorprendono la selecao e giocano alla pari: Mpenza, con un tiro a spiovere da fuori area, impegna Marcos in una difficile parata all’indietro; al minuto trentacinque il Belgio sarebbe addirittura in vantaggio, quando un cross proveniente dalla destra è corretto di testa in rete da Wilmots. L’arbitro giamaicano Pendergast annulla il gol forse per una spinta – comunque veniale – del belga su Roberto Carlos, ma è una decisione a dir poco discutibile. Wilmots è l’unico giocatore di rilievo della squadra, è un attaccante ma funge altresì come una sorta di collegamento tra il centrocampo e il reparto offensivo nel 4-4-2 belga; segna tre gol nel Mondiale asiatico. Il Brasile cerca la via del gol con tiri da fuori area, tranne un paio di tentativi pericolosi di Ronaldo: sul primo De Vlieger gli esce tempestivamente sui piedi, sul secondo prova la deviazione sotto rete ma conclude alto.

Il primo tempo è stato equilibrato, ma nella ripresa il Belgio inizia incredibilmente a dominare. Settimo minuto di gioco, gol sfiorato con Wilmots che tira basso e angolato e risposta di Marcos in allungamento sulla sinistra. Ottavo minuto e Marcos deve uscire in anticipo su Mpenza tutto solo in area, sulla sinistra. Al diciottesimo Wilmots di nuovo è a un passo dal gol con un dribbling in area e una conclusione che impegna seriamente l’estremo brasiliano. Marcos sta tenendo in piedi i suoi – in questo secondo tempo il Brasile non è sceso in campo. Poi all’improvviso l’enorme classe al momento latente, ma pur sempre viva, della formazione in verdeoro – oltre a un poco di fortuna – cambia le sorti dell’incontro e dell’intera Coppa del Mondo. Ventiduesimo del secondo tempo e Rivaldo riceve da Ronaldinho al limite dell’area: addomestica il pallone di petto spalle alla porta, controlla di sinistro e si gira, la palla rimbalza e poi Rivaldo scocca un gran tiro che si infila in rete, ma grazie alla decisiva deviazione di un avversario. Splendido gesto tecnico, uno a zero per il Brasile. A tre minuti dal termine Kleberson serve Ronaldo nel cuore dell’area, ed è due a zero. Nel tempo che rimane Goor potrebbe tentare di riaprire l’incontro, ma calcia fuori a tu per tu con Marcos, e il risultato non cambia.

I brasiliani si guardano allo specchio e si guardano intorno: le grandi stanno cadendo una dopo l’altra, loro continuano a vincere e così la prospettiva di poter diventare pentacampeon assume contorni sempre più reali. Battendo i belgi hanno superato uno scoglio complicato e in una giornata storta ma, come già narrato, la partita che spalanca veramente al Brasile le porte verso il titolo è il quarto di finale vinto contro l’Inghilterra. E in quel frangente i brasiliani hanno anche mostrato una tenuta fisica decisamente superiore a quella degli avversari. Ma per quanto quella brasiliana sia ormai considerata come la squadra di gran lunga favorita per la conquista della Coppa, la semifinale con la Turchia non è una passeggiata. Ricorda Cafu: “Tutti parlano della finale, ma questa partita fu ancora più tesa. […] Giocammo un incontro complesso contro di loro nella fase a gironi, ma all’epoca non eravamo i favoriti per vincere il torneo; la semifinale fu un affare completamente diverso6)Karan Tejwani, Cafu: the born winner who became the most complete full-back of his time, These Football Times. Il Brasile sente il peso del pronostico e deve inoltre fare a meno dello squalificato Ronaldinho, rimpiazzato da Edilson. La Turchia lascia in panchina Mansiz, l’autore del golden gol contro il Senegal.

Ventitré giorni dopo l’esordio mondiale, Brasile e Turchia si ritrovano allo stadio di Saitama, città satellite di Tokyo, in una sfida anomala e inattesa che vale un posto per la finale della Coppa del Mondo FIFA. Si assiste all’inizio a una bella Turchia, capace di sfiorare la rete con un colpo di testa di Alpay, su cross di Fatih, parato da Marcos. Il Brasile parte un po’ a rilento nella partite più impegnative di questo torneo e oggi non fa eccezione, ma intorno alla metà del primo tempo sale in cattedra: Ronaldo apre per l’accorrente Cafu – autore di una grande prestazione – sulla destra, tiro, pronta risposta del portiere turco; serpentina in area di Roberto Carlos e palla a fil di palo; Rivaldo calcia da fuori area, Rustu non trattiene ma è reattivo sulla pronta ribattuta a rete di Ronaldo e mantiene inviolata la porta. Al trentacinquesimo un nuovo tiro dalla distanza di Rivaldo impegna Rustu in una difficile parata in basso a sinistra, poi un minuto più tardi Rivaldo, ancora una volta, manda la sfera a sfiorare il palo.

La selecao è straripante, sfonda sulle fasce con Cafu e Roberto Carlos, mentre in mezzo Ronaldo e Rivaldo sono due costanti pericoli per la difesa dei turchi. Rustu ha salvato i suoi in diverse circostanze, ma all’inizio della ripresa il dominio brasiliano diventa reale anche nel punteggio: splendida azione personale di Ronaldo che entra in area sulla sinistra e tocca in corsa di collo destro – la palla bassa rimbalza davanti a Rustu, lo supera ed entra in basso in prossimità del palo lontano, alla sinistra del portiere. La Turchia non prendeva gol da tre partite. A questo punto il Brasile rallenta i motori e si rende pericoloso solo con veloci ripartenze: Ronaldo apre per Edilson che calcia da posizione propizia ma indirizza fuori; Luizao (entrato al minuto sessantotto in sostituzione di Ronaldo) tenta la rovesciata in area da posizione molto favorevole su assist di Cafu, manda alto e poteva fare sicuramente meglio. Dopo aver rischiato in varie occasioni il raddoppio, i turchi si riprendono sul finire dell’incontro e riescono a porre in seria discussione il vantaggio brasiliano. Mansiz, in campo dal diciassettesimo al posto di Emre per spingere la squadra più avanti, scocca un tiro-cross molto pericoloso che obbliga Marcos ad alzare la sfera in angolo. Denilson spreca una altro contropiede per i sudamericani prima dell’ultima emozione dell’incontro: girata in area di Hakan Sukur e parata di Marcos vicino al palo sinistro. È il sigillo del valido estremo difensore brasiliano sull’accesso della sua nazionale in finale.

La selezione in verdeoro supera quindi di stretta misura la sorpresa Turchia, che nella finale per il terzo posto andrà a segnare con Sukur il gol più veloce della storia dei Mondiali (appena undici secondi dal fischio di inizio). Il Brasile si appresta a giocare l’ultimo atto dei Mondiali per la terza volta di fila ed è un’impresa finora riuscita soltanto alla Germania Ovest nel periodo ’82 – ’90: almeno sino ad oggi nessuna nazionale riuscirà anche solo a replicare l’accesso in finale rispetto all’edizione precedente, segno di incertezza ed equilibrio. È proprio la Germania l’ultima avversaria che in terra asiatica si frappone tra i brasiliani e la quinta Coppa del Mondo.

24 dicembre 2020

References   [ + ]

1. Vedi infra Francia, 1998: VIII. Zidane vola, Ronaldo collassa, e la Francia è campione
2. Rivaldo: in the name of the father, FIFA.com
3. Sergio Rodrigues, Ronaldinho, le ciel et la limite, So Foot n. 148 – monografico Ronaldinho
4. Lea Ruiz, Javier Prieto Santos, “Mes nuits etainet aussi belles que mes jours”, So Foot n. 148 – monografico Ronaldinho
5. Ibidem
6. Karan Tejwani, Cafu: the born winner who became the most complete full-back of his time, These Football Times