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Argentina, 1978
I. Tango

L’undicesima edizione del Mondiale si gioca in Argentina, terra di profonda passione calcistica che sin dagli anni trenta ambiva ad ospitare il torneo. È l’ultima fase finale del campionato aperta a soltanto sedici squadre. Tenendo conto che l’Argentina padrona di casa e la Germania Occidentale campione in carica sono qualificate di diritto, i posti a disposizione si riducono a quattordici, mentre le nazionali iscritte sono centonove – per la prima volta è stata oltrepassata la soglia delle cento partecipanti. Quindi l’elevato numero di iscritte, combinato con il numero invece ridotto di squadre che ottengono il diritto di partecipare all’ultimo atto della manifestazione, promette nel complesso un elevato tasso tecnico al campionato mondiale.

Sono diverse le grandi nazionali che nel paese sudamericano non metteranno piede in quanto hanno fallito la qualificazione: fra queste troviamo l’Inghilterra, per la seconda volta consecutiva esclusa dal massimo torneo del gioco che loro stessi hanno inventato, e l’Unione Sovietica, anch’essa assente per la seconda volta di fila (ma nel ’74 si è di fatto autoesclusa per ragioni politiche); mancano anche i campioni d’Europa in carica della Cecoslovacchia, così come la Jugoslavia e, sul versante latinoamericano, l’Uruguay.

Torna il continente asiatico dopo otto anni di assenza, e si presenta con la squadra che domina il calcio asiatico da un decennio, ovvero la nazionale iraniana. Campione d’Asia nel ’68 e nel ’72, l’Iran ha colto il terzo successo continentale di fila due anni prima del Mondiale, nell’edizione casalinga del torneo, che tra l’altro ha visto per la prima volta l’apparizione della selezione della Repubblica Popolare Cinese. Torna anche l’Africa settentrionale, assente da Messico ’70 (all’epoca era sceso in campo il Marocco) e segue la parentesi dell’Africa equatoriale con la partecipazione dello Zaire nel campionato del 1974: stavolta è il turno della Tunisia.

Uno strano sistema che prevede l’individuazione di cinque teste di serie per quattro gironi (e quindi Italia e Argentina sono infilate nello stesso gruppo, poi le altre sono Germania Ovest, Brasile, Paesi Bassi) regola il sorteggio, affidato alla mano del nipotino di Joao Havelange, presidente Fifa. I gironi risultano così composti:

Argentina, Italia, Ungheria, Francia;

Germania Ovest, Messico, Polonia, Tunisia;

Brasile, Svezia, Spagna, Austria;

Paesi Bassi, Perù, Scozia, Iran.

Le prime due di ogni girone passano alla fase successiva, dove vengono raggruppate in due ulteriori giorni all’italiana da quattro; la prima di ciascun girone di semifinale si gioca il titolo. È la stessa formula utilizzata nel 1974. Si gioca nell’emisfero australe, a stagioni invertite, e quindi con un clima abbastanza freddo che può giovare alle prestazioni dei calciatori.

Sono appena cinque le città designate a ospitare le partite del torneo. Fra queste è ovviamente presente la capitale, l’immensa Buenos Aires, che raccoglie una bella fetta della popolazione argentina ed è anche il cuore calcistico del paese. Tra città vera e propria e sobborghi, le formazioni di club di Buenos Aires che hanno fatto la storia del calcio argentino, e non solo, sono davvero parecchie.

Vi sono le due formazioni più famose del paese, divise da una fiera rivalità che le contrappone tradizionalmente anche nell’interpretazione del gioco: una è il Boca Juniors, il club calcistico più tifato di Argentina, molto vincente in quegli anni e di solito esponente di un calcio maggiormente utilitaristico; l’altra è il River Plate, anch’essa forte di una valida squadra in quel periodo e solitamente dotata di un gioco più offensivo e piacevole alla vista. Sempre nei confini cittadini hanno sede Argentinos Junior, San Lorenzo e Velez Sarsfield. L’area metropolitana di Baires ospita alcuni club che sono stati in grado di dominare il calcio sudamericano nei quindici anni che precedono il Mondiale. Separati di fatto soltanto da un condominio (i due rispettivi stadi, Libertadores de America e Cilindro de Avellaneda, sono appena a trecento metri di distanza l’uno dall’altro), ad Avellaneda giocano l’Indipendiente, eccezionale a metà dei Sessanta e nei primi Settanta, e il Racing. La Plata è poi la casa dell’Estudiantes, quasi imbattibile sul finire del decennio precedente. E questo per citare soltanto le compagini bonarensi vincitrici ad oggi della Coppa Libertadores, che sono pertanto otto. Probabilmente nessun’altra città al mondo raccoglie fra le sue mura così tante e blasonate squadre.

Il campionato del Mondo a Buenos Aires sarà giocato all’interno di due impianti: il Monumental, nel quale di solito scende in campo il River Plate, e il Josè Amalfitani, la casa del Velez Sarsfield, dedicato proprio a un ex presidente del club. Rimane fuori quindi il famoso stadio del Boca Juniors, la Bombonera.

Calcisticamente parlando, la città più invasata in un paese di per sé parecchio appassionato, è probabilmente Rosario, tanto che i suoi abitanti sono spesso descritti non come tifosi, bensì come persone afflitte da una sorta di malattia1)Jonathan Gilbert, In argentine soccer, a rivalry cleaves a city, The New York Times. Le squadre della città sono decisamente meno blasonate dei club della capitale, ma nonostante ciò Rosario è teatro di una consolidata, sentitissima – potremmo dire viscerale – e comunque spettacolare rivalità tra le due formazioni cittadine. Una è il Rosario Central, colorata di gialloblu e i suoi sostenitori sono rintracciabili nel settore settentrionale della città; l’altra, posta nella parte sud, ha i colori rossoneri e si chiama Newell’s Old Boys; entrambe hanno i loro numi tutelari, che ai nostri giorni per il Central sono Menotti, Che Guevara e Di Maria, mentre per il Newell’s sono Bielsa, Maradona e Messi. Particolare è anche la storia dei soprannomi nei quali gli stessi tifosi si identificano sin dagli anni trenta: avendo rifiutato di organizzare un incontro amichevole per raccogliere fondi a favore di un locale lebbrosario, i sostenitori del Rosario Central sono definiti le canaglie; quelli del Newell’s Old Boys, che invece avevano accettato di giocare quella partita, si chiamano di conseguenza i lebbrosi.

A metà degli anni settanta la rivalità fra gialloblu e rossoneri di Rosario si è riversata sulla scelta dello stadio da destinare alle partite del Mondiale in quanto la sede prescelta, oltre a goderne in termini di prestigio, sarebbe stata oggetto di un’ampia ristrutturazione. Entrambe le società cercano di sfruttare al meglio le influenze politiche e di vario tipo di cui dispongono, e alla fine la spunta il Rosario Central: le partite si disputeranno all’Estadio Gigante de Arroyto, così chiamato dal nome del quartiere che lo ospita. L’impianto assumerà un ruolo decisivo nel percorso della nazionale di casa durante la Coppa.

Tre impianti sono invece costruiti proprio in occasione della Coppa del Mondo e in località prive di club calcistici forniti di autentico peso o tradizione. Uno si trova a Cordoba, la seconda città del paese, ed è lo Stadio Olimpico (ma popolarmente conosciuto come Chateau Carreras dal nome del quartiere in cui sorge). Le squadre più importanti di Cordoba sono il Belgrano e il Talleres. Un altro stadio edificato ex novo è a Mar del Plata, un grosso centro turistico posto sulle rive dell’Oceano Atlantico e definito la ciudad feliz (si chiama Estadio José Maria Minella) Il terzo è a Mendoza, località a ridosso delle Ande non lontano dal confine con il Cile.

Il Pallone Tango - tuttomondiali.it
Il pallone Tango – tuttomondiali.it

Al pallone che verrà preso a calci durante i Mondiali è stato dato come nome, per ovvie ragioni, Tango: è prodotto dall’Adidas ed è forse il pallone di calcio più famoso di sempre. Sin dal 1970 la casa di abbigliamento sportivo tedesca fornisce il pallone del campionato del Mondo, avendo intuito da tempo le possibilità promozionali e commerciali dell’affare. Con questo prodotto fanno centro.

Tango è il primo pallone fatto a esagoni, in sostituzione del precedente disegno a pentagoni bianchi e neri – tali per ragioni televisive – che di per sé già rappresentava un discreta novità. In realtà il Tango è formato da trentadue pannelli, dei quali dodici sono pentagonali e venti esagonali; quando rotola, dà l’impressione che ci siano dodici cerchi. Sarà ripresentato identico ai Mondiali ’82, ma il suo successo è tale che il design della palla rimarrà pressoché immutato anche nelle cinque successive edizioni del torneo e l’Adidas lo vende ancora oggi.

Ecco che quanto sopra descritto raccoglie alcune delle necessarie premesse al racconto del torneo mondiale di calcio ospitato dall’Argentina nel 1978. Ma lo stato delle cose – è un altro.

19 ottobre 2018

References   [ + ]

1. Jonathan Gilbert, In argentine soccer, a rivalry cleaves a city, The New York Times